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giovedì 15 aprile 2010

Prima pubblicazione

Udite... udite... un mio raccontino è stato pubblicato on-line sul sito "SogniHorror"

Non sono entrata nella classifica del podio, però da una certa soddisfazione essere pubblicati.


Sono graditi commenti.

Ciao :D

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Oppure potete leggerlo qui sotto:

TERRORE IN CANTINA
di Quinson Loredana

“Ancora! È la terza volta che si fulminano le lampadine! Meglio che vada a prendere una torcia... ma cosa... c'è qualcuno?” la voce le tremava e sentiva freddo
Una folata, quasi un sospiro, d'aria calda l'aveva investita proprio sul collo. Ma lì, in quell'oscurità, c'era solo lei, lei con la sua paura. Una paura che aveva già provato altre due volte, le due volte precedenti in cui era mancata la luce: sei lampadine si erano fulminate tutte insieme, proprio come in quel momento, le lampadine si erano accese e spente più volte fino a spegnersi completamente.
Dal cancello sul cortile il vento freddo che sferzava l'aria entrò con prepotenza, ma quella che Niky sentì sul collo, per la seconda volta, era aria tiepida, tiepida come il respiro di qualcuno. Ma per la seconda volta non vide nessuno. La torcia non illuminò altro che pareti sporche e le porte chiuse delle altre cantine. Nessun rumore. Solo quell'aria calda e la sua sensazione di essere osservata.
Salì di corsa le scale della cantina e si chiuse il cancello alle spalle per non essere seguita.
Quando entrò nell'appartamento era agitata e aveva il fiatone. Il cuore le batteva in petto come un martello pneumatico. Si sedette per calmarsi, ma la paura non l'abbandonò. Era sicura che qualcuno l'avesse osservata da molto vicino in quel buio.
Solo dopo lungo tempo si rese conto che doveva ritornare in cantina: aveva bisogno di alcuni oggetti che conservava lì. Anche se non voleva, doveva ritornare. Il cuore tornò a batterle velocemente.
Prese la torcia e prese le scale, scendendo piano i quattro piani che l'avrebbero portata al cancello della cantina nell'atrio dell'edificio.
Aprì il cancello e illuminò la scala. Osservò per un po' quel chiarore, avendo la sensazione che non riuscisse a spezzare il buio, come se delle ombre non volessero essere illuminate. Per un istante vide un lieve bagliore. Guardò di nuovo ma non vide nulla. Tirò un sospiro, poi un altro e ancora uno, poi scese piano la prima rampa e al bivio guardò a destra e accese la luce. Il chiarore improvviso la spaventò e tranquillizzò nello stesso tempo. Esplorò il corridoio delle cantine superiori e non vide nulla e nessuno.
Ritornò al bivio e svoltò a sinistra. Premette l'interruttore della luce e queste si accesero. Felice corse lungo la rampa per prendere in fretta ciò che le serviva e andarsene via. Ma a metà della scala la luce iniziò a tremolare e poi si spense. Il buio profondo l'avvolse come una coperta fredda. Si arrestò ad ascoltare il silenzio. Poi un sospiro la fece trasalire. Si voltò di scatto con la torcia accesa ma non c'era nessuno. Di nuovo il sospiro, stavolta davanti. Il fascio di luce illuminò il nulla.
Iniziò a scendere gli ultimi gradini che conducevano al corridoio della sua cantina. Si fermò e decise di risalire per andare via. Sentiva la necessità di fuggire da quel posto.
Corse su per la rampa mentre l'ululato del vento della strada riecheggiava nei corridoi delle cantine come un sinistro presagio. Corse più veloce, senza pensare che avrebbe potuto inciampare e cadere. Si rese conto con angoscia che le scale non finivano. Ormai avrebbe dovuto essere arrivata.
Con la torcia bassa e il fiatone si rese conto che era davanti a una porta. Il cancello della salvezza. Alzò la torcia e allungò la mano per aprirlo, ma la bloccò a mezz'aria: era la porta della sua cantina. Come aveva potuto correre in tondo? I corridoi delle cantine erano dritti e con un solo lato che faceva da ingresso e uscita.
La luce riflessa sulla porta iniziò a tremare come la sua mano. Si girò di nuovo su se stessa e fece per andarsene nuovamente, anche se temeva che non avrebbe ottenuto un risultato migliore. Poi si ricordò di avere il cellulare. Lo prese e chiamò. Ma la chiamata non partiva mai. Mentre aspettava che la chiamata giungesse a destinazione si incamminò. Il cellulare si spense per mancanza di segnale. Girò a destra e poi a sinistra e vide il cancello d'ingresso. Mai una porta di metallo le era sembrata tanto bella. Riuscì a uscire e chiuse il cancello a chiave. Non sarebbe mai più tornata in cantina. Si voltò... non riusciva a credere a quello che vedeva: la porta della sua cantina era lì e quello non era più l'atrio del condominio, era il corridoio delle cantine. L'incubo non era finito.
La porta di legno era davanti a lei scura e minacciosa come non le era mai sembrata. Da sotto di essa filtrava una luce giallognola. C'era qualcuno dentro. Aveva la sensazione di essere osservata attraverso quelle assi di legno.
Sentì un sussurro, poi un altro e un altro. Era circondata. Illuminò con la torcia attorno a sé ma non vide nulla. Poi l'oscurità si mosse. Rimase a illuminare quel punto. Fece dei passi in direzione opposta senza distogliere lo sguardo. Ma qualcosa la bloccò. Si girò di scatto con la torcia, ma un tocco gliela fece cadere di mano. La vide rotolare a terra e fermarsi a illuminare l'angolo di una delle porte di legno.
“Entra! Vieni mia cara, è da molto che ti aspetto.” sussurrò una voce dolce ma autoritaria alle sue spalle.
Lì c'era la sua cantina. C'era veramente qualcuno dentro.
Si voltò, impossibilitata a fare il contrario di quell'ordine. Non aprì con le chiavi, ma spinse la porta ed entrò. Davanti a lei vide un uomo che la osservava. In quell'istante seppe che era il suo lo sguardo che aveva percepito prima e le volte precedenti. Era elegante nel suo completo scuro. La luce gli disegnava ombre ipnotiche sul viso evidenziandone i tratti mascolini. Il suo sguardo fu catturato dai suoi occhi scuri e profondi che sembravano inghiottire la luce e la sua volontà, perché si avvicinò a lui, malgrado la paura le dicesse di andarsene. Non era padrona di sé. Continuava ad avvicinarsi finché le sue mani la cinsero forte. La guardava sorridendole dolcemente mentre poco a poco le forze le venivano meno e sentiva il cuore battere sempre più lentamente. L'oscurità prevalse quando si sentì svenire. Percepì le labbra dell'uomo su di lei, poi i suoi denti sembravano mordicchiarla. Pensò che la volesse violentare. Aprì gli occhi e vide l'uomo trasmutare: i suoi occhi erano due pozzi neri, la pelle sembrava emanare energia pura, che sentiva scorrere sul proprio corpo, e in bocca aveva del sangue. Si guardò il braccio e vide che proveniva da lì... non percepiva dolore ne aveva voglia di urlare. Eppure avrebbe dovuto sentire dolore e urlare per esso.
“Non preoccuparti. Finirà tutto in fretta, mia dolcezza!” le sussurrò lui avvicinando il viso al suo e sfiorandole la guancia con un bacio. Una goccia di sangue le finì in bocca.
“Ora sarai per sempre mia!”
Sentì le forze abbandonarla e la vista le si oscurò di nuovo. Svenne.
Si senti sollevare poi non percepì più nulla. Pensò di essere morta, avvolta nel più assoluto silenzio.
Si svegliò avvolta da una luce soffusa. Sentì il suo sguardo su di sé. Lo cercò e lo vide accanto alla finestra che la guardava.
Si alzò e si diresse verso la porta. Uscì dalla casa. Era in una zona che non conosceva, ma riuscì a ritornare a casa propria. I nervi le cedettero e fece appena in tempo ad arrivare a letto.
Lo vide nei suoi sogni: il suo bel viso le sorrideva e la sua voce la cullava, poi vide i proprio sangue nella sua bocca e percepì il suo richiamo, il suo desiderio per il suo sangue e il proprio desiderio di compiacerlo. Non era possibile che veramente volesse andare da lui, eppure era così. Cercò di resistere.
Non riuscì a stargli lontano che una decina di giorni, poi dovette andare da lui. Aveva bisogno di lui come aveva bisogno dell'aria. Era notte quando il tassista la lasciò all'indirizzo indicatogli.
Il cancello si aprì appena lo toccò. Si incamminò per il giardino ben curato fino alla porta d'ingresso. Posò la mano sulla maniglia e per un momento rimase lì ferma, indecisa. Una parte di sé voleva andare via. Forse doveva darle retta.
“La porta è aperta se vuoi entrare. Se vuoi puoi andartene... se veramente riesci a stare lontano da me. Ma la tua vita sarà molto breve se non stai con me. Ti ho reso mia e se vuoi vivere mi devi stare vicino. Cosa vuoi fare?”
Sapeva che stava dicendo la verità, sentiva la sua mancanza e si sentiva languire per la sua lontananza, ma sapeva anche che se fosse rimasta sarebbe diventata come lui, l'avrebbe trasformata. Aveva fantasticato spesso sui libri di genere, ma che potesse accadere nella realtà... era pronta a tutto quello?
Lui le posò la mano sulla sua e girò il pomello. Spinse la porta e questa si aprì. Le teneva ancora la mano. Si portò il braccio alla bocca e lo baciò.
Lei incrociò i suoi occhi e lui la condusse dentro casa, capendo in quel momento il suo desiderio.
La fece accomodare su un divano e le si sedette accanto. Indugiò con le labbra sul suo collo e lei gli sussurrò:”Fallò!”.
Percepì i suoi denti sulla propria carne, ma non sentì dolore, solo il suo succhiare profondo e la sua estasi. Poi più nulla. Quando si svegliò sapeva che per lei era iniziata una nuova vita.

sabato 3 aprile 2010