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sabato 26 dicembre 2009

Sistemare il microfono

E dopo essere impazzito per un po' di tempo con questa stramaledetta scheda audio, ecco che è venuto il momento in cui mia sorella mi ha chiesto come mai il microfono per registrare i suoni non andava più.
In effetti, anche se alsamixer lo vedeva, con il volume alto e non muto, non c'era alcun sistema per usarlo (mia sorella usa audacity per registrare).

Ho cercato informazioni online, ma non ho trovato nulla di decente o di valido, per cui ho agito diversamente, secondo le informazioni che ho trovato
In primo luogo, ho eliminato del tutto pulseaudio con un
sudo apt-get --purge remove pulseaudio
A dir la verità, visto che stavo cercando dei pacchetti con Synaptic, ho agito da qui: cercato pulseaudio e rimosso completamente tutto quello che ho trovato installato (tranne ovviamente quello che cercava di eliminarmi direttamente tutto quanto).

Una volta levato dai piedi questo, ho ripristinato per l'ennesima volta i driver ALSA secondo quanto indicato al post precedente, anche se non era realmente necessario dato che la scheda audio si è automaticamente impostata su ALSA (come ho visto col doppio clic sull'icona dell'altoparlante), poi ho avviato alsamixer e aperto il microfono, avvio audacity e le passo il microfono, lei dice una frase qualsiasi e vedo le tracce sonore, quindi il suono viene captato. Inoltre riascoltando, si sente perfettamente la frase pronunciata, quindi pare tutto a posto!

Cedo il posto e, effettivamente, mia sorella ricomincia tranquillamente a fare i suoi esperimenti di registrazione senza più nessun problema.
Inoltre, mi sembra che non ci siano nemmeno più i problemi indicati nel post precedente... possibile che pulseaudio non fosse compatibile con quella scheda audio?

NOTA: ovviamente lei usa Ubuntu 8.04 Hardy Heron, non so se nelle versioni più recenti di Ubuntu sia possibile fare ciò... e questo mi fa preoccupare per quando sarà il momento di sostituirle l'airone con la lince...

Amore sotto l'abete

La prima neve cade leggera e delicata, solo una spolverata, appena un accenno per annunciare l'approssimarsi dell'inverno, mentre in lontananza le montagne blu mostrano i loro picchi innevati: su di esse la neve cade ormai da tempo e l'aria è fresca e pungente.
Per le strade sagome incappottate vagano nelle direzioni più disparate, solo raramente alcune di esse si fermano a parlare.
Solo i bambini sono allegri e giocano insieme senza problemi, per loro il mondo è ancora tutto da scoprire e magico in ogni suo aspetto. Ed in questo periodo mostra un altro suo lato magico: le strade si rinnovano e si vestono di ardite opere artistiche fatte di luci, che portano le stelle sulla terra a tenere compagnia agli addobbi dei negozi e ai vari Babbo Natale che circolano per le strade, il tutto preannuncia l'approssimarsi del Natale.
La festa porta al ricordo di tempi antichi, quando il Natale è nato, quando in una umile mangiatoia fu deposto Colui che avrebbe redento l'uomo dai peccati e cui si collega il miracolo della nascita e quindi della continuità della vita, simboleggiata anche dall'abete che non muore e conserva le sue foglie per tutto d'inverno, simbolo per eccellenza in molte popolazioni della continuità della vita.
A tenere compagnia al verde abete, e ad aggiungere una nota di colore alla stagione, vi è la Stella di Natale, donata a Gesù da un povero bambino.
La città mutata diventa viva e questa nuova energia pervade l'aria e penetra dai pori della pelle dando nuova gioia alle persone, gioia di vivere e di fare e di essere più buoni. Si ha voglia di stare insieme.

Un'associazione di giovani appassionati di teatro organizza una rappresentazione per il Natale. Il vecchio teatro comunale si rianima e ritorna agli antichi splendori. Il velluto verde smeraldo delle poltrone riappare da sotto la polvere di anni di inutilizzo, il pavimento in mattonelle a mosaico risplende in tutta la sua bellezza, dopo una buona lucidata, e il tavolato di legno del palco mostra tutta la sua splendida venatura.
Si sceglie la rappresentazione e, dopo aver esaminato molte opere di nomi famosi, si opta per l'opera di uno di loro. Vengono modificate opportunamente le vecchie scenografie del teatro e si assegnano le parti.
Iniziano le prove, ognuno ha il suo ruolo e le sue battute e ognuno da vita al suo personaggio con passione.
Ogni pomeriggio sul tardi i membri danno vita alla rappresentazione, rendendo viva la finzione dove i sentimenti si intrecciano e si fondono e si separano per poi riunirsi nuovamente.
Il testo narra la storia di un giovane che si ritrova a dirigere la ditta di famiglia col padre.
Egli si immerge nel lavoro anima e corpo arrivando a pensare anche alla vita come a un lavoro, da cui trarre utili, e se una cosa non è conveniente non ha importanza per lui.
La cosa preoccupa i genitori e gli amici che lo vedono distaccarsi sempre più da loro. Decidono così di tentare un trucco per far ritornare il giovane quello che era.
Uno di loro ha letto di recente “Canto di Natale” e la parte dei tre spiriti gli dà l'idea e, d'accordo con i genitori del giovane, allestiscono la commedia.
La rappresentazione inizia.
Prima il fantasma dei Natali passati: avvolto in una leggera nebbia rivede i Natali della sua infanzia, e i filmini di famiglia danno il tocco finale al primo atto.
Una fumata colorata e il primo fantasma sparisce e un penetrante profumo fa addormentare il giovane. Uno scossone lo ridesta e davanti a lui si trova il fantasma del Natale presente, dove gli fanno vedere che il suo atteggiamento lo ha isolato da amici e parenti: lui il Natale non lo festeggia perché non è economicamente conveniente; la casa dove vive con i suoi genitori non ha l'abito della festa, non c'è l'albero né il presepe né i doni per i suoi genitori.
La sera della festa non c'è festa i suoi genitori sono soli e tristi sul divano e lui immerso nel lavoro nello studio, con un pacco non aperto accanto.
Un'altra fumata e sparisce anche il secondo fantasma, di nuovo il profumo e poi lo scossone e davanti a lui ora si trova un essere incappucciato di nero, che con la mano indica una direzione. Li il giovane vede i suoi amici, ormai anziani, festeggiare senza di lui il Natale.
Un'altra direzione viene indicata dall'essere e qui si trova lui, anziano, solo e non festeggia.
Un'altra fumata e sparisce anche il terzo fantasma, di nuovo il profumo, ma stavolta non funziona: il giovane si muove bruscamente e l'amico che lo doveva addormentare cade in avanti, e il leggero anestetico non sortisce il suo fine.
Il giovane capisce che è stato ingannato e si arrabbia con gli amici ed i genitori.
Tutto il lavoro fatto va perso!

La preparazione della festa procede nella casa del giovane con le ghirlande appese alle porte, nel salone il maestoso abete risplende di mille colori, accanto a esso il presepe e sotto l'albero pacchi colorati fanno bella mostra di sé.
La festa è pronta e i parenti sono stati tutti invitati, ma proprio pochi giorni prima di Natale il giovane parte per motivi di lavoro: deve fare un sopralluogo in una cittadina dove dovrà costruire un albergo.
Qui il Natale è ormai giunto in ogni angolo: abeti innevati e alberi ricoperti da una candida coperta di neve ornano le strade, luci colorate sembrano stelle cadute dal cielo per illuminare il Natale della cittadina, dalla chiesetta si odono canti natalizi intonati da bambini e nella piazza centrale del paese sotto un grande abete decorato, e sotto il vigile sguardo dell'angelo, posto sulla sua cima, si trova l'antico presepe tradizionale del paese: un quadro natalizio toccante.
La cosa però non tocca più di tanto il giovane, che intende solo fare il suo lavoro e si inoltra, per la strada ghiacciata, verso il sito dove sorgerà l'albergo. Giunto sul posto lo esamina e lo approva, si incammina per la stessa strada ma un piede slitta e lui, perdendo l'equilibrio, cade a terra, scivolando per la strada in discesa e va a sbattere.
Viene subito soccorso e condotto all'ambulatorio medico dove viene appurato che non ha nulla. Per sicurezza il dottore lo trattiene alcuni giorni ma c'è un problema: ha perso la memoria e con sé non ha documenti, inoltre nessuno in paese lo conosce.
Poiché sta bene non può occupare un letto in ospedale, così il dottore lo sistema presso una cara amica e sua figlia.
Le due donne accolgono volentieri il giovane e subito lo fanno sentire a casa sua. Lo coinvolgono nei preparativi per la festa con gli amici e negli acquisti dell'ultimo minuto.
La voglia di festa è palpabile e lo coinvolge completamente, e questo lo fa sentire strano: è come se qualcosa che non aveva mai provato prima gli riempisse il corpo e la mente; le luci colorate e i decori lo ipnotizzano e nella sua mente alcune immagini si fanno strada: vede un bimbo con dei balocchi vicino a un albero di Natale e vede delle sagome di un uomo e di una donna, ma non ne distingue il volto, sente delle risate di gioia e ode quelle sagome chiamarlo, ma quel nome sparisce subito dalla sua mente.
Di una cosa è sicuro: quel bimbo è lui e quelli sono i suoi genitori.
La vicinanza della ragazza lo riporta alla realtà: devono tornare a casa e prepararsi per la festa di quella sera. Tornare a casa, la cosa strana è che sente veramente quella casa come se fosse la sua, anche se in realtà non lo è.
La cena è un successo, e ora tutti insieme vanno alla piazza centrale ad ascoltare il coro di bimbi nell'attesa della mezzanotte.
I canti, l'abete, il presepe, la neve e un manto punteggiato di splendide stelle pregnano di magia l'aria, magia dalla quale tutti i presenti si lasciano avvolgere, le voci è come se diventassero una sola, mentre tutti si prendono per mano, a suggellare lo spirito di bontà e amore proprio del Natale.
Scandita dai dodici rintocchi dell'antica torre dell'orologio del municipio e dall'apparire del suo angelo, come succede a ogni Natale, giunge la mezzanotte, e dal gruppo si stacca una bimba che, avvicinatasi alla mangiatoia, vi depone il Bambin Gesù, poi si riunisce al gruppo e il prete inizia la messa. Un segno di pace, di auguri e di saluto è il commiato della notte.
Tutti si ritirano nelle proprie case con un grande calore nel cuore.
Anche il giovane prova lo stesso calore: quella festa, i canti, lo stare insieme lo hanno coinvolto e avvolto completamente.
Quella notte si addormenta sereno nel letto e, nel sogno, ha nuovamente dei “flash back” della sua infanzia, ma anche del suo presente, e in questo presente rivede i suoi genitori preoccupati per il suo modo di essere, ed è triste. Ma vede anche un'altra cosa: il volto della figlia della padrona di casa che gli sorride mentre si tengono per mano alla festa, e alla mano sente il calore di quel contatto, che gli dà una piacevole sensazione di benessere.
L'ultima cosa, e la prima, che vede è proprio quel volto, che ora lo sta ridestando dal suo sogno.
Il giovane è soprappensiero, ha riacquistato la memoria ma sente che questo non lo rende completamente felice. Esce da solo, dirigendosi all'albergo alla periferia dove alloggia, si siede nella sua camera e telefona ai suoi genitori. La discussione è lunga e commovente. I genitori hanno ritrovato il figlio di una volta, amante della festa e della famiglia. Da ambo i lati del telefono si sentono singhiozzi interrotti da poche parole accompagnate da lunghi silenzi, interrotti dai saluti. Decide di tornare a casa, ma la felicità di rivedere i genitori è presto soppiantata da una strana e incomprensibile sensazione di tristezza, la stessa che lo accompagna fin dal risveglio. Esce dall'albergo e, senza rendersene conto, si ritrova davanti alla casa che lo aveva accolto in quei giorni, e nel giardino la figura della ragazza intenta a costruire un pupazzo di neve.
Quando questa si volta e, vedendolo, gli va incontro sorridendo per condurlo dentro casa, capisce cosa lo rende triste per il distacco da quella cittadina.

Il treno che lo avrebbe ricondotto a casa sarebbe partito solo dopo due giorni.
In quel luogo non ha solo ritrovato il Natale, ma da esso ha avuto il regalo più bello: si è innamorato e ora non vuole perdere l'amore.
Quei due giorni li passa con la ragazza e per lui sono i momenti più belli della sua vita: mano nella mano girano per il paese soffermandosi davanti all'albero e al presepe della piazza centrale, dove è avvenuto il primo determinante contatto, quello che ha aperto il suo cuore all'amore.
Quel giorno decide di far venire lì i suoi genitori, e concorda con il prete il matrimonio.
Nella chiesa ornata a festa con Stelle di Natale, agrifoglio e vischio, fa il suo ingresso la sposa nel suo abito candido come la neve e, tra la gioia degli astanti, i due giovani vengono uniti in matrimonio.
Davanti al portone decorato di foglie d'oro della chiesa, soffice e candida neve cade lieve sui due giovani sposi incorniciando il bacio che i due si scambiano come promessa del loro amore.

La rappresentazione finisce tra l'ovazione del pubblico, i cui applausi risuonano dentro e fuori il teatro per lunghi minuti, ripagando della fatica i giovani attori dilettanti, che dal palco ringraziano con sorrisi e inchini.

giovedì 24 dicembre 2009

domenica 20 dicembre 2009

Tutto l'universo in soli 6 minuti

Grazie alla segnalazione di Paolo Attivissimo, ho scoperto un video affascinante.
Guardatelo anche voi, a pieno schermo e con le luci abbassate. E' davvero favoloso.


giovedì 19 novembre 2009

Un tranquillo weekend di terrore...

Classico periodo in cui non ho quasi niente da fare (a parte la spesa) e non ho nemmeno tanta voglia di uscire (freddo e brutto tempo), così accendo il computer e comincio a giocare, ma a differenza dei pivelli che giocano con Lara Croft e con Final Fantasy (tanto per citare alcuni dei videogiochi più datati, che ho avuto ancora occasione di vedere in un lontanissimo passato... quando anch'io ero un pivello...), io gioco con un vero videogame da brivido, una cosa che sovente lascia senza fiato e che, talvolta, al termine di una partita vi ha fatto dimagrire di almeno 5 kg... io gioco direttamente con gparted!!!

In previsione della futura installazione di una nuova distribuzione per affiancare Ubuntu, ho deciso di separare la home dai dati, per lasciare questi in comune con l'altra, quindi ho avviato da CD Live, aperto gparted e controllato la situazione del mio disco (59 GiB sfruttati all'inverosimile tra root, swap e home di ubuntu) e ho scoperto che potevo farlo: spostando qualcosa di qua e qualcosa di la, riuscivo a smistare le due partizioni, quindi procedo!
Siccome ho visto che due giorni prima (venerdì) si era aggiornato il backup settimanale della mia partizione dei dati (che attualmente coincide con la home), non mi preoccupo moltissimo: in caso di necessità, posso sempre reinstallare la distribuzione e tutti gli applicativi (con un banale e comodissimo comando da terminale), recuperare tutte le mie configurazioni e personalizzazioni dal disco esterno e ritrovarmi immediatamente dentro la mia Ubuntu.
Ma questo eccesso di fiducia implica, a volte, un difetto di attenzione!!!
Fatto sta, che al termine delle varie operazioni, quando mancava un attimo alla fine dei lunghissimi spostamenti di partizioni effettuati dal buon vecchio gparted, ecco che appare una cosa che nessun partizionatore folle vorrebbe mai vedere: un messaggio che dice: “Gparted non ha potuto fare le modifiche richieste, in quanto sono occorsi degli errori!” e continua con una serie di codici alfanumerici e di frasi anglofone, la cui traduzione letterale potrebbe anche essere “il tuo disco si è appena fottuto!”
Per chiudere la finestra del messaggio c'è solo il tasto OK, che premo e gparted ricomincia a spostare il cursore a destra e sinistra, come l'occhio dei Cyloni di Galactica o i LED di Supercar, per poi dirmi immediatamente che non ho più il disco!!!
...
Mapporcacciazozza! Che vuol dire che non ho più il disco? Che caxxo si è fumato gparted? E soprattutto, perché non ne ha offerto?
...
Provo a riavviare il computer ed effettivamente pure il BIOS mi comunica il triste responso.
Ricontrollo col CD Live, ma non vede nulla che somigli nemmeno lontanamente a un disco rigido, quindi non posso nemmeno procedere con la drastica formattazione/reinstallazione (se non mi vede il disco, dove cacchio lo installo?), per cui mi ritrovo davanti a due scelte:
  1. esco un attimo, prendo la macchina, filo da mediaworld o chi per esso e acquisto un computer nuovo;
  2. accendo finalmente il cervello e comincio a riflettere su cosa possa essere successo e come possa rimediare.
Il mio primo impulso si blocca immediatamente, non appena guardo l'ora e mi rendo conto che è difficile che mediaworld sia aperto (non tanto per l'orario, quanto per il fatto che il telefonino mi dice che è domenica...) e soprattutto non appena valuto il contenuto del mio portafogli, reduce da un esborso alimentare folle durante il giorno precedente (sabato) senza aver ancora visto alcun rinforzo proveniente dall'amministrazione della Grande Società.

A quel punto, entra in gioco, per forza di cose, il secondo impulso: che diavolo è successo? Si è incasinata la tabella delle partizioni, quindi il disco non viene più visto dal sistema. Come posso rimediare? Non ne ho la più pallida idea! Cosa posso fare? Avvio col Live CD e cerco soluzioni: il forum di Ubuntu è del tutto inutilizzabile (essendo coinvolto in manutenzioni straordinarie e comunque la funzione di ricerca non è disponibile), google mi da ben poche speranze, i vari blog che seguo evidentemente non si sono mai trovati in questa situazione malgrado i loro autori si definiscano smanettoni incalliti, e non so più dove sbattere il browser... finché mi accorgo che uno dei primissimi risultati che google continua a propinarmi riguarda una discussione sul forum di zeusnews, dove un utente si lamenta per la perdita della propria casa (/home) a seguito di un errore di formattazione mentre installava un'altra distribuzione (come dicevo, appare continuamente tra i primi risultati proposti da google, malgrado risalga solo alla sera prima...) e la leggo, per cercare di scoprire se tra le mille cazzate che spara continuamente, quel dannato vampiraccio abbia consigliato in quella discussione qualcosa che potrebbe servire anche a me in questo frangente, e mi accorgo che viene segnalato di tentare un recupero con testdisk, asserendo comunque che il vampiro non l'ha mai usato e quindi non ha idea di come funziona... e in quel momento mi rendo conto che, nella mia cassetta degli attrezzi software mille-usi, ho anche system-rescue-cd, che contiene tra l'altro pure testdisk.
Proviamo!
Chiudo la sessione live, inserisco il cd e riavvio... vado alla schermata grafica (fluxbox) e dal menù recupero testdisk, lo avvio e lo lascio lavorare...
Al termine, mi dimostra che il disco c'è ancora, quindi provo a fargli ripristinare la tabella delle partizioni.
Dopo una lunghissima scansione, mi appaiono una serie di messaggi abbastanza confortanti, al termine dei quali mi chiede se voglio sovrascrivere l'attuale tabella delle partizioni con quanto ha ritrovato, e io acconsento.
Riavvio quindi il computer, pronto per vedere se tutto è andato bene, e lo sconforto mi coglie subito: immediatamente dopo il BIOS, appare un messaggio che indica che non è stato trovato un disco di sistema avviabile!
Che vuol dire? Non ho nessun floppy dentro, e nemmeno nessun CD, quindi devi partire dal disco rigido! Che vuol dire che non è un disco di sistema avviabile?
Riavvio il computer (tanto non riesco a fare nient'altro) con un CTRL-ALT-CANC e premo velocemente tante volte di seguito il tasto CANC, finché mi accorgo che il comando è stato accettato, e riesco quindi a entrare nel BIOS (devo fare così, visto che il messaggio per accedere al BIOS appare per un tempo non superiore a 3 decimi di secondo). Qui dentro, controllo l'ordine di avvio e vedo che è sempre come avevo impostato io nei millenni passati, ma qualcosa non mi convince nella sigla del disco rigido, per cui vado a vedere più a fondo e... in effetti la sigla indicata non corrisponde a nulla, mentre quella del mio disco rigido è messa come seconda voce (e da dove è spuntata quella prima voce? ma soprattutto, chi diavolo l'ha impostata al primo posto? non è possibile che testdisk mi abbia creato un nuovo disco, quindi deve essere qualche conseguenza dell'incasinamento combinato da gparted: una partizione fantasma che appare come disco rigido, ma senza nulla all'interno... oppure qualcuno mi è entrato nel computer e mi ha scompaginato il BIOS, ma credo che le probabilità siano nettamente a favore della prima ipotesi...)
Provvedo quindi a eliminare drasticamente la voce incriminata, per poi spostare al primo posto il disco giusto.
Salvo le modifiche ed esco, riavviando il sistema.
Ecco quindi apparire infine la mia Ubuntu, perfetta come sempre, pronta a subire altri smanettamenti ai limiti dell'impossibile... giusto in tempo per accedere al suddetto forum e leggere le ultime indicazioni dell'utente rimasto senza casa...

sabato 31 ottobre 2009

martedì 27 ottobre 2009

Ottimizzazione delle risorse

E così, alla fine ci sono cascato!

Usando il computer anche per lavoro, devo sovente usare programmi creati esclusivamente per Windows, ma nel mio computer non c'è più traccia di Windows (quando ho cambiato la scheda madre e il processore che si erano bruciati, non sono più riuscito a reinstallare il sistema operativo di casa Microsoft, cosa che prima facevo a cadenza bisettimanale...), per cui mi viene incontro il famoso e prestigioso emulatore Wine.
La maggior parte dei programmi che utilizzo io funzionano bene anche sotto Wine, compreso il programma di calcoli Tysistem e un paio di programmi di CAD che ho scoperto nei miei continui viaggi nella rete (e che ho regolarmente acquistato già all'epoca che li utilizzavo sotto Windows), in particolare uno di questi programmi pare intenzionato ad emettere una versione per Linux, per cui ho aggiunto il sito ufficiale ai preferiti e inserito la sezione news nel mio lettore, per essere costantemente aggiornato e pronto all'acquisto (per il momento lo utilizzo in versione demo).

In pratica, il mio computer ha quindi una certa esigenza di caratteristiche hardware che esulano un pochetto dagli standard classici linuxiani, ma questo è niente: mi sono rivolto al mio tecnico di fiducia che mi ha riempito di paroloni iper-tecnologici e mi ha poi fatto un'offerta che non ho potuto accettare... per cui, al posto di ampliare la macchina, mi vedo costretto a ridurre i consumi.

E' noto che Ubuntu, da una versione all'altra, richiede sempre maggiori risorse hardware (anche se non siamo certo ai limiti assurdi di Windows), ma è sempre possibile far seguire al proprio computer una dieta ferrea (caxxo! La sto facendo io, la dieta, perché non deve farla anche lui?)

Ho cominciato semplicemente sostituendo il window manager (da metacity a openbox) e levando tutti gli effetti di compiz, per poi levare tutto quello che non utilizzo e tutti i servizi inutili all'avvio, quindi ho preso a sostituire molti pacchetti pesantucci con analoghi più leggeri, in pieno stile di ottimizzazione delle risorse, e infine sono arrivato alla decisione finale: il passaggio diretto a un ambiente grafico minimale... ho messo direttamente openbox da solo, non in sessione mista con gnome.

Avevo già, in precedenza, lavorato con un ambiente minimale (sul portatile avevo installato una versione minimale di Ubuntu con ambiente fluxbox) quindi sapevo cosa aspettarmi.
Il primo passo è stato quello di levare a nautilus la possibilità di gestire il desktop (aprendo gconf-editor e deselezionando l'apposita opzione nella sezione apps=>nautilus=>preferences=>show desktop), quindi è stato possibile usare il menù di openbox direttamente col tasto destro dentro gnome, verificando quali voci sono presenti e quali mancano.

Nella cartella nascosta .config/openbox è quindi possibile trovare un file menu.xml, che contiene tutte le voci del menù (editabile direttamente con l'editor di testo), dove possiamo inserire le singole voci che vogliamo per creare il nostro menù (se poi non vogliamo editare direttamente il file menu.xml, possiamo tranquillamente usare il programma obmenu, che fornisce una versione grafica per fare la stessa cosa).
Siccome la procedura può essere lunga e complessa, specie se abbiamo molte voci da inserire, è possibile far creare automaticamente un primo menù di openbox che riporti tutte le voci relative ai pacchetti installati nella nostra macchina. Basta semplicemente scaricare il programma menumaker, scompattarlo ed estrarre la cartella dentro la home, quindi accedervi con un terminale e digitare:
./mmaker -f OpenBox3

Questo comando creerà una prima bozza di menù simile al menù di gnome su una sola colonna.
In questo modo, avremmo un menù relativamente completo, semplicemente da riordinare, mediante una serie di taglia-incolla usando obmenu.

Avviata la cosa, ci renderemo conto anche di come sono impostati i comandi dei singoli menù, per cui sarà semplice crearne di nuovi, per esempio per lanciare le voci dei programmi gestiti mediante Wine.

Siamo a posto? No: dobbiamo ancora mettere i comandi relativamente a spegnimento e riavvio del sistema (per adesso abbiamo solo un exit e un reconfigure nell'ultima voce in basso, oltre alla situazione dei 4 desktop di default, ma exit serve solo a terminare la sessione grafica, reconfigure invece reimposta il menù secondo i cambiamenti che abbiamo apportato e salvato sul file obmenu), quindi procediamo anche con queste voci: nelle guide si legge che basta associare il comando
sudo reboot
e
sudo halt
alle voci e poi modificare il file etc/sudoers per evitare la richiesta della password, ma a me non ha funzionato, quindi ho bisogno di una soluzione alternativa: io ho mantenuto Gdm come gestore del display manager (presente la finestrella di gnome dove vengono richiesti username e password?) e quindi tanto vale sfruttare le proprietà intrinseche, gestendo lo spegnimento e il riavvio direttamente da Gdm.
Ecco quindi i comandi da inserire per permettere spegnimento e riavvio del sistema operativo (e non chiede nemmeno la password):
spegnimento:
gnome-power-cmd.sh shutdown

riavvio:
gnome-power-cmd.sh reboot

Fatto ciò, il nostro menù è pronto per fare ciò che vogliamo, apparendo ovunque vogliamo non appena clicchiamo col tasto destro in un punto vuoto dello schermo (senza nemmeno la necessità di avere un pannello cui associare il menù stesso, cosa che ho trovato estremamente limitante sia sotto gnome che sotto kde).

Voi direte che in un pannello si vede anche quali programmi sono aperti nella finestra corrente e ridotti a icona, ed è verissimo, ma openbox ha un'altra particolarità: sappiamo già che l'ultima voce del menù individua anche la situazione dei 4 desktop (compreso i programmi aperti in ciascuno e la possibilità di raggiungere ciascun programma con un banale click) ma cliccando in un punto vuoto dello schermo, stavolta con la rotella (intesa come terzo tasto), vedremo apparire una finestrella analoga ma maggiormente dettagliata sulla situazione dei 4 desktop, su quale stiamo operando, sui programmi aperti su ciascuno e la possibilità di raggiungerli cliccandoci sopra, per non parlare del tradizionale ALT-TAB, che sfoglia una a una le finestre aperte sul desktop attuale.

Possiamo anche dire che in un pannello c'è il vassoio delle icone, ma personalmente, sul mio desktop, l'unica icona della tray è quella di network manager, ma sono perfettamente in grado di capire da solo se ho connessione o meno (sia perché il baracchino di fastweb è a fianco del mio computer, quindi vedo benissimo tutti i giochi di luce, sia perché essendo praticamente sempre online mi accorgo subito se ho problemi di connessione).

Poi non dimentichiamoci che ho comunque il monitor di sistema costantemente visualizzato sotto forma del conky, con tutte le indicazioni necessarie, compresa la sezione relativa alla presenza della connessione.

Ho quindi eliminato qualsiasi forma di pannello (inizialmente avevo messo comunque un pannello semplicissimo e facile da configurare: pypanel, ma poi sono sorte tutte queste riflessioni e di conseguenza l'ho eliminato dall'autostart, anche se mi sono accorto adesso che non ho eliminato la voce di modifica della configurazione dal menù, poco male: ci vanno esattamente 3 secondi).

Sempre nella cartella nascosta .config/openbox, troviamo anche il file rc.xml, anch'esso modificabile direttamente tramite un editor di testo, dove possiamo tranquillamente settare tutte le caratteristiche di openbox stesso, per adeguarlo al meglio alle nostre esigenze.
Gran parte di queste caratteristiche si possono settare graficamente anche tramite il programma obconf, per esempio il tema, le caratteristiche del mouse, il posizionamento di una eventuale dockbar e tante altre cose, ma per quello che ho fatto io è stato meglio procedere direttamente in maniera testuale: ho configurato tutte le scorciatoie di tastiera che mi ero settato su Gnome, in particolare WIN-S per avviare il terminale, WIN-H per avviare il file-manager, WIN-T per thunderbird, WIN-F per firefox eccetera (ho lasciato invariate le scorciatoie per cambiare desktop e per spostare la finestra da un desktop all'altro, come anche la maggior parte di quelle di sistema, tipo ALT-TAB per sfogliare le finestre aperte, eccetera).

Ho quindi fatto un menù, personalizzandolo al massimo secondo le mie esigenze.
Ho deciso che il pannello non mi serve e lo ho eliminato.
Ho impostato tutte le configurazioni che mi servivano.

Adesso si tratta semplicemente di dire a openbox cosa deve caricare di preciso ogni volta che si avvia, e questo lo si fa semplicemente modificando un file chiamato autostart.sh, ma prima dobbiamo copiare la configurazione base nella nostra home, affinché openbox lo utilizzi secondo le nostre modifiche, quindi apriamo un terminale e digitiamo:
cp /etc/xdg/openbox/autostart.sh ~/.config/openbox/autostart.sh

A questo punto, possiamo modificare direttamente il file di autostart di openbox nella nostra home (sarà infatti questo il primo file cercato da openbox al momento dell'avvio). Basterà aggiungere in fondo al file un elenco analogo a questo:
#!/bin/sh
gnome-volume-manager &
gnome-power-manager &
nm-applet &
pypanel &
conky &

L'elenco altro non è che le applicazioni che openbox avvia in sequenza.
Ricordatevi di inserire le & al termine di ogni singolo comando.
Ovviamente adattate il tutto a quello che vi serve.

Una volta fatto questo, siamo a posto: openbox si avvierà caricando tutti i programmi che gli abbiamo indicato e sarà quindi pronto il nostro ambiente di lavoro ottimale.

Un'ultima cosa: ho anche sostituito nautilus con il più leggero thunar, leggero e scattante, ma sufficientemente completo da non far rimpiangere nautilus stesso.
...
Ecco qui la situazione attuale.
Schermata vuota (vero che avevo appena acceso il computer, ma faccio comunque notare il consumo irrisorio di RAM, incredibilmente basso rispetto al 20% di Gnome e al 16-17% della sessione mista):
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Schermata piena (piena per modo di dire: thunar per mostrare la mia home e xterm che mi ha appena avvisato che non ci sono aggiornamenti):
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E, infine, un paio di schermate per mostrare il menù di openbox e la finestrella che mi permette di controllare se ho dimenticato applicazioni aperte in qualcuno dei 4 desktop virtuali (non ho ancora capito se esiste un sistema per visualizzare tutte le finestre insieme, tipo l'effetto Expo a muraglia di Gnome ma va comunque benissimo così).
Ecco il menù personalizzato:
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Le prime voci sono i lanciatori automatici (xterm, thunar, gedit, gimp, inkscape, thunderbird, firefox, synaptic e xkill, da ieri sera è presente anche liferea, il mio lettore di news)
Subito dopo la sezione di configurazione (adesso non c'è più la voce riferita a pypanel), la sezione musicale (ho diverse playlist, e ho aggiunto le voci di comando di Vlc per avviare le singole playlist senza doverle caricare preventivamente), la sezione dei programmi che utilizzo per lavoro (aperta, quindi potete tranquillamente fare spionaggio industriale su come lavora un prestigioso studio tecnico impiantistico... :-P ) e, infine, le sezioni che raccolgono tutti i programmi, ricalcando la configurazione tipica del menù di Ubuntu, più la sezione relativa allo spegnimento e riconfigurazione del menù stesso, che comprende le voci Reconfigure, Exit, Spegni, Riavvia, oltre alla situazione dei 4 desktop, ma per quest'ultima preferisco utilizzare la seguente finestrella di controllo:
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Che ne dite? :-D

domenica 11 ottobre 2009

E vediamo di sistemare le cose...

Come ho detto precedentemente, mi sono recentemente occupato del computer di mia sorella.

Forte dell'inesperienza iniziale, avevo fatto una serie incredibile di caxxate con il partizionamento, che alla lunga (beh, ci hanno messo 3 anni...) hanno provocato problemi nel funzionamento della macchina, o meglio nell'utilizzo degli applicativi che lei utilizza per i propri lavori grafici, in particolare l'accoppiata Gimp & Inkscape.

Forte dell'esperienza accumulata in questi anni di sperimentazioni ai limiti dell'assurdo, ho provveduto a risistemarle le partizioni in modo da avere maggior senso pratico, e le cose sembrerebbe siano migliorate, ma non bastava.

Allora mi sono informato in rete, e ho visto discussioni trattanti una nuova distribuzione basata su Ubuntu, ma leggerissima e scattante: CrunchBang.

Il primo pensiero è stato quello di usarla per sostituire Ubuntu, ma mi è venuto il panico a pensare a tutte le personalizzazioni che ho dovuto fare per rendere Ubuntu utilizzabile (visto che i componenti del suo computer non sono quello che si dice propriamente compatibili al 100%), e così mi sono detto “Ma se questa distro deriva da Ubuntu, usa i repo di Ubuntu e tutto, vuol dire che è possibile comunque trasformare Ubuntu in questa distro!”

Mi sono quindi letto un po' di documentazione, e ho capito che il punto di forza, oltre agli applicativi più leggeri, è la sostituzione di Gnome con OpenBox.

Ho cercato più documentazione possibile su OpenBox e ho scoperto che è possibile integrarlo in Gnome al posto di Metacity, l'ho fatto nel mio computer e non ho riscontrato problemi, quindi l'ho fatto anche nel suo.

Installati i programmi openbox, obconf e obmenu, ho sostituito direttamente openbox a metacity con il comando
openbox --replace
che ha fatto sparire tutte le finestre aperte, ripristinandole subito con le stesse finestre, aventi il bordo più squadrato e azzurrino. Provato ad aprire e chiudere varie finestre, tutto funziona.

Riavvio, scelta della sessione mista (gnome/openbox) resa predefinita e mia sorella si è trovata davanti la schermata normalissima a cui è abituata, ma con le finestre col bordo azzurrino e leggermente più squadrato, ma tutto sommato piacevole.

Dal menù di Gnome è apparsa la voce relativa a OBConf, con le innumerevoli possibilità di personalizzazione, e le indicazioni del monitor di sistema indicavano un consumo di risorse un poco inferiore a Metacity, inoltre era presente di default l'effetto di scorrimento dei desktop virtuali semplicemente ruotando la rotella del mouse in un punto vuoto del desktop (cosa che, in Gnome con Metacity, richiede l'intervento di Compiz, con conseguente riduzione delle prestazioni).

Ha quindi provato ad aprire una fotografia con Gimp e ritoccarla con qualche effetto piuttosto pesante (una di quelle operazioni che normalmente le faceva diventare grigia la finestra) e l'operazione si è svolta senza problemi e con la fluidità normale, in rapporto alle caratteristiche del computer.

Lei si è quindi detta soddisfatta della modifica, provvederà poi alle personalizzazioni varie.

Ovviamente, la sola sostituzione del window manager non può certo fare miracoli, ma la combinazione di questo con l'eliminazione degli effetti di compiz e con la risistemazione delle partizioni (in particolare della swap) che evita che il sistema debba cercarsela a spizzichi e bocconi su due dischi, ha permesso di ripristinare una situazione relativamente disperata, senza dover correre urgentemente a comprare una nuova macchina, specialmente adesso che sono ancora in vendita esclusivamente bestioni dotati solamente di Vista, che sembrerebbe essere la nuova versione di Windows ME, a giudicare da quanto si legge nei vari forum.

Un altro punto a favore di Linux! :D

sabato 10 ottobre 2009

Giocare con le partizioni...

Mi è capitato di recente, di pensare di ampliare le caratteristiche hardware del computer di mia sorella, purtroppo relativamente antiquato, al punto che i componenti pare non si trovano più in giro.

Al solito, mi sono rivolto al mio tecnico di fiducia e, dopo avergli spiegato la situazione allegando al tutto un bel listato dell'hardware a disposizione (dal quale persino io capivo che quella maledetta scheda madre supporta al massimo 2GB di RAM e che quella RAM probabilmente non esiste nemmeno più in commercio) chiedevo un preventivo per la variazione, comprendendo in particolare la sostituzione della scheda audio problematica e prevedendo la possibilità di intervenire sulla sostituzione completa di CPU e scheda madre.

La risposta mi è giunta a stretto giro di mail, con una serie di indicazioni per le quali era più conveniente sostituire tutto, recuperando solamente il masterizzare/lettore CD/DVD e sostituendo tutto il resto, quindi rifacendo il computer d'accapo, per la modica cifra di più del costo di un computer nuovo (purtroppo “vista-dotato”) e comprendendo anche la sostituzione dei 2 hard disk di mia sorella con un hard disk unico, di capacità inferiore, e con in calce un ulteriore tariffario relativo all'assistenza per il recupero dei dati e l'installazione del sistema operativo (prezzi indicativi di intervento sia al negozio che a casa mia)

Sentendomi vagamente preso per i fondelli da una simile risposta, mi sono accordato con mia sorella prevedendo la possibilità di acquistare un nuovo computer da darle per le sue elaborazioni grafiche, con caratteristiche adeguate, anche se comprensivo di sistema operativo di casa Microsoft (mi costa comunque meno di quello che mi prenderebbe il mio amico...), sul quale provvederò a installare una versione completa e aggiornata di Ubuntu che le permetta di lavorare direttamente con gli strumenti con i quali si è ormai abituata, inoltre il suo computer lo cannibalizzerei io, recuperando tutto il recuperabile (gli hard disk sono più capienti dei miei, specie del primo, peraltro sfruttato al massimo da vari esperimenti di partizionamenti e installazioni, il masterizzatore è migliore come caratteristiche, la scheda video, sebbene sia una ATI sembra più performante della mia Nvidia e forse potrei anche prendere le sue memorie e aggiungerle alla mia...).

Nel frattempo, ho pensato bene di dare uno sguardo al suo partizionamento (fatto da un idiota incapace che aveva seguito alla lettera le indicazioni del forum ufficiale, senza capire che chi le aveva scritte era probabilmente strafatto di alcool e droghe pesanti... ma allora ero un nubbio giovane e sciocco, non capivo nulla e seguivo passo passo le indicazioni che trovavo... ora non sono più così giovane...).

E' risultato un bel pastrocchio, risalente ai tempi di Dapper e mai corretto (a differenza del mio computer, dove non mi faccio particolari problemi a giocare con le partizioni, il computer di mia sorella è sacro e intoccabile, pena la morte...), in cui il problema più grande era ovviamente il fatto che la swap fosse distribuita su entrambi i dischi in più partizioni da 512MB (non mi chiedete perché: l'ho già detto che all'epoca avevo seguito delle indicazioni sul forum ufficiale di Ubuntu, senza capire nulla di quello che facevo, e non è colpa mia se i forum sono come wikipedia: possono scriverci sopra tutti e chi è agli inizi trova le indicazioni e le segue, specie se chi le ha scritte risulta “di grado elevato”, come fossero dogmi religiosi...), per cui l'utilizzo di programmi pesanti implica una saturazione della RAM e di conseguenza un utilizzo della swap, già lenta di suo, ma questa suddivisione rallenta ulteriormente e la conseguenza è che sovente le finestre diventano grigie e il computer sembra bloccarsi per alcuni secondi.

Non potendo aumentare la RAM e in attesa dell'acquisto del nuovo mostro, ho quindi provveduto ad armarmi di CD Live e risistemarle le partizioni, eliminando le varie swap, riducendo drasticamente la partizione enorme di Windows XP (allora era il più usato), spostando la partizione estesa contenente la root e la home, ampliando la home stessa e ricreando infine una unica partizione di swap sufficiente alle esigenze fisiche.

Ovviamente non ho toccato (a parte l'eliminazione della partizione di swap) il secondo disco, di archivio dei lavori, operando solo sul primo, ma il fatto di dover trascinare e spostare a sinistra le partizioni ha comunque richiesto un certo intervallo di tempo, di alcune ore.

Al termine, riavvio e, quando me lo chiede, levo il CD Live, per controllare che sia tutto a posto e tutto funzionante.

Il computer parte, il Bios carica e poi appare la schermata di Grub con un bellissimo Errore 15!!!

Lancio un'imprecazione, ricordandomi di cosa NON ho fatto, rimetto il CD Live e riavvio.

Appena dentro, controllo le partizioni, controllo i relativi UUID e sistemo il file /boot/grub/menu.lst in modo che monti correttamente la partizione di root di Ubuntu, che ovviamente è cambiata.

Nel frattempo mi ricordo che non avevo corretto nemmeno il file /etc/fstab, quindi provvedo a ripulirlo da tutte le impurità e riordinarlo disciplinatamente secondo la nuova tabella delle partizioni.

Riavvio, levo il CD e, nuovamente, GRUB Error 15!!!

ECCHECCAXXO!!!

Non riuscendo a capire cosa voglia, vado al mio computer, controllo la tabella degli errori di Grub ed effettivamente si tratta di un file non trovato: ricordavo bene.
Accedo al forum ufficiale, cercando le discussioni relative contrassegnate con RISOLTO, ma trovo esclusivamente baggianate, compresa la possibilità di editare direttamente la riga, che presuppone il fatto di avere un prompt di Grub, ma io non ho nessun tipo di prompt, nessun tasto ha effetto sulla schermata (tranne CTRL-ALT-CANC per riavviare) e comunque non posso fare assolutamente nulla, ma mia sorella sta cominciando a preoccuparsi (e di conseguenza anch'io sto cominciando a preoccuparmi).

Ragionandoci sopra, mi rendo conto che c'è qualcosa che non va nei vari Stage del Grub, ma non ho idea di cosa e di come sistemare.

Riprovo ad avviare con il CD Live, provando a cercare di reinstallare Grub ma niente (non procede se non reinstallo Ubuntu, ma questo implica formattare la partizione di root e quindi perdere tutta l'installazione... no: non si può fare! ...in realtà potrei farlo, anziché da Live potrei passare all'installazione testuale e procedere direttamente a reinstallare Grub saltando tutti gli altri passaggi, ma è una cosa che non ho mai fatto prima col CD Live di Ubuntu e non vorrei creare più casini di quelli che ho già creato), quindi provvedo da Live a cercare di aggiornare Grub mediante un update-grub.

Provo a riavviare normalmente, sperando che l'aggiornamento del Grub abbia dato buon esito, ma niente: si ripianta sul solito Error 15, senza possibilità di manovra.
Sono ormai in fase di panico: fosse il mio computer forse avrei già reinstallato (tanto mi ci vuole pochissimo a recuperare tutto), ma non è il mio computer (ed è meno semplice ripristinare la situazione giusta, anche per via delle configurazioni particolari che ho dovuto fare nel corso del tempo, dato che i suoi componenti non sono proprio compatibili al 100%, quindi ho dovuto seguire moltissime guide per farle funzionare “quasi” tutto in maniera decente), quindi occorre cercare una soluzione meno devastante (e se non funziona, cercare di trovare prima di subito il nuovo computer).

Con questo filo di panico, il mio cervello che, evidentemente, da il meglio sotto stress, si ricorda che nel porta-cd c'è anche l'asso di briscola: il CD di SuperGrub!
Questo è apparentemente proprio un lavoro per SuperGrub, quindi prendo il CD, lo inserisco e riavvio.

Entrato dentro la schermata, cerco subito le istruzioni in italiano (non lo uso molto di frequente, quindi preferisco avere un manuale che non mi crei problemi interpretativi), e seguo le istruzioni delle varie schermate.

Nel giro di poco, appare il messaggio che attesta che la missione è compiuta e posso riavviare la macchina.

Riavvio, estraendo il CD, e il computer comincia a caricare: immagine del Bios, immagine di Grub con tutti i sistemi presenti all'appello.

Non ho voglia di vedere se XP è a posto (ci va una vita a caricarsi, e poi non mi ricordo nemmeno più quando è stata l'ultima volta che ci è entrata, quindi ci saranno migliaia di aggiornamenti da fare), così premo semplicemente Invio e in breve si carica direttamente Ubuntu, pronta e funzionante, con tutti i programmi accessibili e tutte le cartelle al loro posto.

Tiro un sospiro di sollievo e rinvio al giorno dopo il controllo del resto.

giovedì 24 settembre 2009

Aggiornare firefox 3.5 in Ubuntu Hardy

Ubuntu è una distribuzione molto bella e valida, ma ha un difetto: i programmi forniti all'inizio della versione non vengono aggiornati mai.
Se uno usa sempre l'ultima versione non è un grosso problema: ogni 6 mesi cambia tutto e via.
Se uno, come me, usa principalmente la LTS, rischia di andare avanti per 2 anni con la stessa versione dei programmi (prezzo da pagare per chi cerca comunque la stabilità, anche se non si arriva alle esasperazioni di Debian).

Normalmente è possibile rimediare in proprio grazie a siti come get-deb (dal quale ho recuperato la versione 2.6 di Gimp), ma per altri programmi come Openoffice o Firefox, le cose sono diverse.

Per Openoffice, la mia Hardy ha di default la versione 2.4, che ovviamente è ormai obsoleta, per cui ho fatto ricorso a PPA, aggiungendo a Synaptic il repository apposito:
deb http://ppa.launchpad.net/openoffice-pkgs/ubuntu hardy main

deb-src http://ppa.launchpad.net/openoffice-pkgs/ubuntu hardy main

Ho quindi aggiunto la chiave necessaria e, dopo la ricarica del database, Synaptic stesso mi ha fatto scaricare la versione 3.0.1 (e, in un successivo aggiornamento, la attuale versione 3.1.0)
Ovviamente, per evitare problemi di aggiornamenti indesiderati, ho disattivato il repo subito dopo l'aggiornamento.

Per Firefox, le cose sono state un pelino più complicate, in quanto la versione originale era la 3.0beta (che all'inizio dava talmente tante rogne da avermi obbligato a farla coabitare con una ben più stabile versione 2.qualchecosa), poi si è stabilizzata ed è uscita dal ciclo beta, per cui viveva tranquilla da sola, ma il browser web è un programma per cui è preferibile usare sempre una versione aggiornata, ma chi come me non intende seguire le mode balzane dell'aggiornamento totale a cadenza semestrale, come fa?

Ho letto in giro molte soluzioni variegate, tutte semplici e immediate, ma nessuna che mi attraeva, eppure anch'io volevo provare la 3.5

Ecco che, improvvisamente, ho scoperto (nel blog di Lazzarotto) la soluzione definitiva per avere sempre un Firefox aggiornatissimo: ubuntuzilla!

La spiegazione dettagliata la trovate nell'articolo linkato, qui proseguo a grandi linee.
Scaricando il pacchetto .deb da qui e installandolo si prepara la strada per l'installazione di ubuntuzilla, da fare al terminale:
ubuntuzilla.py -a install -p firefox

Apparirà un lungo elenco di comandi strani, con un paio di interazioni, durante le quali dovrete rispondere accettando le condizioni e inserendo il codice relativo alla lingua italiana, dopo di chè lo script procederà con l'installazione di Firefox.

Completata l'installazione, occorre fare alcune rifiniture, chiaramente indicate nel link originale.

Personalmente non ho eliminato i file indicati, ma non credo ci siano problemi.

Per quanto rigurda l'antialiasing, ho provveduto a creare il file .fonts.conf con l'esempio offerto dall'autore del post originale e la voce hintslight.

Per quanto riguarda i filmati flash tipo youtube, anche se non li vedo a schermo intero, ho seguito le indicazioni della guida, aprendo il file giusto:
sudo gedit /usr/bin/firefox

e, dopo la riga
#set -x

ho aggiunto la stringa:
export LD_PRELOAD=/usr/lib/libGL.so.1


Fatto ciò, salvato tutto e riavviato Firefox, ho infine la versione aggiornata e, ogni volta che Mozilla rilascia una nuova versione, vengo avvisato dell'aggiornamento.

Unico dettaglio, per eseguire l'aggiornamento occorre ridare il comando iniziale:
ubuntuzilla.py -a install -p firefox

e di conseguenza ripetere nuovamente la modifica relativa al player flash, ma nulla di problematico, anche se può essere utile automatizzare la procedura stessa mediante uno script.

Ora sono infatti alla versione 3.5.3

domenica 13 settembre 2009

Openoffice cerca di ripristinare un documento cancellato

Openoffice è sicuramente una valida alternativa a programmi come Microsoft Office, a meno di utilizzi avanzati con uso di macro, nel qual caso ci potrebbero essere delle difficoltà nel trasporto da una suite di programmi all'altra.

A volte, capita che anche Openoffice crashi (trovatemi un programma che non lo fa mai) e di conseguenza al riavvio, cerca di ripristinare il documento sul quale stava lavorando.

Cosa succede se, prima del riavvio, quel documento viene cancellato?
Semplice: che il programma non riesce (ovviamente) a ripristinare il documento e ci saranno degli errori.

Come possiamo rimediare?
La soluzione è semplice e immediata, in qualsiasi sistema operativo con cui usiamo Openoffice, e consiste nell'eliminazione di un file:
  • se usiamo Microsoft Windows XP, occorre cercare ed eliminare il seguente file:
C:\Documents and settings\NomeUtente\Dati applicazioni\Openoffice.org2\user\registry\data\org\openoffice\Office\Recovery.xcu

(nota: per eseguire questo passaggio occorre visualizzare le cartelle nascoste, andando su Esplora Risorse, dal menù Strumenti => Opzioni Cartella, dalla finestra che si apre selezionare la scheda Visualizzazione e cliccare su Visualizza cartelle e file nascosti)

  • se usiamo GNU/Linux Ubuntu (o qualsiasi altra distribuzione), occorre cercare ed eliminare lo stesso file, ma cambia il percorso:
/home/NomeUtente/.openoffice.org2/user/registry/data/org/openoffice/Office/Recovery.xcu

(anche in questo caso occorre visualizzare le cartelle nascoste, aprendo il file manager e cliccando la combinazione CTRL-H, oppure selezionando l'apposita voce dal menù Visualizza del file manager)

La differenza è che, con Linux, possiamo anche operare da terminale, col semplice comando:
rm /home/NomeUtente/.openoffice.org2/user/registry/data/org/openoffice/Office/Recovery.xcu

domenica 30 agosto 2009

Buon Compleanno

Tantissimi auguri di buon compleanno!!!



Che si possano avverare tutti i tuoi desideri!!!

sabato 22 agosto 2009

Tastiera e simboli

Di seguito, mostrerò una tastiera italiana standard un pochino particolare:

Free Image Hosting at www.ImageShack.us
(cliccando sopra la vedrete un po' meglio)

Se notate, su ogni tasto ci sono 4 simboli, ottenuti come segue:
  • simbolo in basso a sinistra => premendo il tasto normalmente (esempio: q)
  • simbolo in alto a sinistra => premendo il tasto insieme a SHIFT (esempio: Q)
  • simbolo in basso a destra => premendo il tasto insieme a ALT_GR (esempio: @)
  • simbolo in alto a destra => premendo il tasto insieme a SHIFT e ALT_GR (esempio: Ω)
Come vedete, sfruttando opportunamente queste combinazioni, potrete scrivere moltissimi simboli senza necessariamente usare la tabella caratteri.

mercoledì 12 agosto 2009

Pdftk, ovvero come gestire al meglio i propri file PDF.

Capita, a volte di dover operare con dei file PDF.
In particolare, mi è capitato diverse volte di dover unire alcuni file PDF per crearne uno unico, oppure di prendere singole pagine da diversi file PDF e unirle in ordine sparso in un file unico finale.
Questo è relativamente facile, usando uno strumento a riga di comando: pdftk.
Siccome non viene fornito nell'installazione abituale di Ubuntu, occorre prima di tutto scaricarlo e installarlo (ma niente paura: lo si trova nei repo).
Al solito ci sono 2 sistemi:
1) metodo grafico: avviare Synaptic e cercare pdftk, quindi selezionarlo e marcarlo per l'installazione, cliccare su Applica e attendere che Synaptic faccia il lavoro;
2) metodo testuale: avviare un terminale e dare il solito comando
sudo apt-get install pdftk

(io digito aggiungi pdftk, avendo creato l'apposito alias aggiungi=sudo apt-get install)

Alla fine, il risultato è lo stesso, ovviamente, cioè pdftk è pronto a darci una mano con i nostri file PDF, ma non cercatelo nei menù di Ubuntu: pdftk è un file che funziona da terminale e non crea nessun lanciatore nel menù (a meno che non ci pensiate voi direttamente)

Vediamo quindi di utilizzarlo.

Nell'ipotesi 1) abbiamo una cartella con dentro 3 file a.pdf, b.pdf e c.pdf, che per un qualsiasi motivo vogliamo unire insieme creando un file x.pdf.
Apriamo un terminale dentro la cartella in cui operare (basta installare nautilus-open-terminal, oppure usare il comando cd /percorso_cartella)
Nel terminale digitiamo il comando:
pdftk a.pdf b.pdf c.pdf cat output x.pdf

e ben presto troveremo nella cartella anche il file x.pdf, che altro non è che l'unione dei file precedenti.

Nell'ipotesi 2) mi è invece capitato di dover unire 2 file pdf multipagina alfa.pdf (di 6 pagine) e beta.pdf (di 9 pagine), in un file unico totale.pdf, ma con un ordine particolare: la prima pagina di alfa, le prime 5 pagine di beta, 3 pagine di alfa, il rimanente di beta e il rimanente di alfa
Il comando per ottenere questo è (sempre giungendo col terminale alla cartella giusta, ovvero quella dove sono i file da elaborare):
pdftk A=alfa.pdf B=beta.pdf cat A1 B1-5 A2-4 B6-9 A5-6 output totale.pdf

ed ecco che, a breve, ci ritroviamo col file totale.pdf composto dall'unione dei precedenti nell'ordine desiderato.

sabato 18 luglio 2009

Sistemare VirtualBox

E come se non bastasse il modulo dei driver audio, ogni volta che si fa un aggiornamento del kernel, sovente si scombina anche VirtualBox.

La cosa è analoga alla precedente: basta riconfigurare il modulo giusto, e anche questo si fa prima con una serie di comandi da terminale:
sudo apt-get install module-assistant virtualbox-ose-source

sudo m-a prepare

sudo m-a a-i virtualbox-ose

e, a questo punto, occorre riavviare il modulo
sudo /etc/init.d/vboxdrv restart

Riavviamo VirtualBox e dovrebbe essere tutto a posto.

Al solito questo post mi serve esclusivamente per ritrovare al volo i comandi giusti (quasi quasi mi faccio uno script), comandi che sono stati recuperati dal blog di paper0k (uno dei mitici personaggi di ubuntu-it), dove la discussione è più completa e si fa riferimento anche alla soluzione di un problema correlato con un caso di mancato funzionamento degli stessi comandi.

domenica 12 luglio 2009

Sistemare i driver audio

Questa la metto qua solo per ritrovarla in fretta quando mi serve (e mi serve praticamente ogni volta che si fa un aggiornamento del kernel, con quella stramaledetta scheda audio).
Dal comando
lspci | grep audio
risulta
Multimedia audio controller: VIA Technologies Inc. VT8233/A/8235/8237 AC97 Audio Controller (rev. 50)


Per sistemare la scheda e ripristinare l'audio, occorre digitare i seguenti comandi:
sudo aptitude install module-assistant

sudo m-a update

sudo m-a prepare

sudo m-a a-i alsa

sudo apt-get install alsa-utils

A questo punto occorre riavviare e poi digitare
alsamixer -V all

Nella finestra che si apre, regolare tutto al massimo (spostarsi con i tasti freccia e accendere i campi muti col tasto M)

sabato 11 aprile 2009

lunedì 30 marzo 2009

L'oracolo



Il mio fratellino mi ha regalato questa recensione.












Dati del libro

Edizione Oscar Mondadori del 2002
Autore: Valerio Massimo Manfredi
Serie economica
Prezzo di copertina € 8,80








Trama

Atene, 17 novembre 1973. Un eminente archeologo muore misteriosamente subito dopo aver ritrovato il vaso d'oro di Tiresia.
Poche ore più tardi, mentre scoppiano i disordini di Piazza del Politecnico, una giovane e bella studentessa viene catturata, stuprata e uccisa dalla polizia sotto gli occhi del fidanzato, Claudio Setti. Dieci anni dopo, una catena di efferati delitti sconvolge la Grecia. Riti annunciati da oscure profezie. Omicidi senza spiegazione per chi non abbia vissuto i giorni della rivolta studentesca e non conosca il segreto del vaso di Tiresia. Con il ritmo incalzante del giallo d'azione e la seducente magia delle antiche leggende, Valerio Massimo Manfredi racconta una straordinaria e appassionante avventura tra passato e presente, tra umanissime passioni e divine suggestioni. Una storia avvincente, mozzafiato, imprevedibile fino all'ultimo, clamoroso colpo di scena.

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La mia recensione

Giallo a sfondo archeologico dove i fatti reali e immaginari si fondono per dare luogo a quest'avventura che si snoda nell'arco di dieci anni.

La vicenda prende il via dal ritrovamento di un reperto, il vaso di Tiresia, dove viene narrata la storia di un antico rito necromantico di un famoso eroe omerico. Poco più tardi nella Piazza del Politecnico ha luogo quella che è passata alla storia come la “ribellione del Politecnico” nella quale si trovano coinvolti i protagonisti della vicenda. Una ragazza viene ferita dalla polizia e portata via dal fidanzato e dai suoi amici. Vengono ricoverati negli scantinati del museo archeologico ed entrano per la prima volta in contatto con il vaso di Tiresia. Come un'ombra oscura questo sembra segnare per sempre le loro vite. Poco dopo i due fidanzati vengono catturati dalla polizia e la ragazza viene brutalmente uccisa, mentre il ragazzo viene salvato in extremis da un misterioso individuo che sembra sapere tutto di tutti. Sarà proprio questo personaggio a manovrare i protagonisti per realizzare i suoi piani, fino al colpo di scena finale.

A seguito di queste vicende, dieci anni dopo, comincerà una serie di delitti, ognuno accompagnato da un oscura profezia, che riunirà i protagonisti nel luogo dove tutto ebbe inizio per porre la parola fine a quel capitolo della loro vita.

Fin da subito Manfredi ci introduce nel vivo delle due vicende fondendole poi in una sola, narrando talvolta in maniera cruda gli episodi che coinvolgono e sconvolgono le vite dei protagonisti.
Scorrevole e dal ritmo sostenuto fino alla fine, il libro si legge con piacere.

Buona lettura a tutti!

lunedì 23 marzo 2009

Il Faraone delle sabbie



Il mio fratellino mi ha regalato questa recensione.











Dati del libro

Edizione Oscar Mondadori del 1999 (ristampa 2008)
Autore: Valerio Massimo Manfredi
Serie economica
Prezzo di copertina € 8,80








Trama

Gerusalemme, assedio babilonese del 586 a.C.
Fuggendo attraverso un tunnel, il profeta Geremia porta in salvo l'Arca dell'Alleanza e la nasconde in una cavità del monte Horeb, tornandone fuori spaventato e sconvolto da una scoperta che sembra avergli cancellato il senno. Dopo di che scompare nel nulla...
Medio Oriente, II millenio d.C. Il professor William Blake, egittologo di fama mondiale, viene prelevato nel cuore della notte dagli emissari di una compagnia di scavi per esaminare una strana tomba egizia. E mentre lo scontro fra i terroristi palestinesi e il Mossad israeliano rischia di far esplodere la polveriera mediorientale, Blake si trova davanti al più misterioso caso della sua vita: la tomba di un faraone nel deserto Paran, migliaia di chilometri lontano dal Nilo.
Un'ipotesi sconvolgente si fa strada nella sua mente, un'ipotesi che potrebbe far crollare i più sottili equilibri del mondo...
Thriller magistrale e rompicapo archeologico, il Faraone delle sabbie inchioda il lettore a un'avventure estrema e misteriosa che non conosce, fino all'epilogo, un solo momento di pausa.

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La mia recensione

Un cupo episodio biblico (l'assedio e la conquista di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor) è alla base di una vicenda che ha la conclusione nei giorni nostri.

Uno scavo archeologico in un ambiente segretissimo e rigidamente controllato, in un territorio che nulla ha a che fare con l'antico Egitto. Un Faraone misterioso, la cui identità potrebbe sconvolgere tutta la storia mondiale.

Il tutto, nel mezzo degli intrighi spionistici dei servizi segreti americani, europei, arabi e israeliani, mentre il medioriente rischia di crollare in una devastante guerra nucleare e le potenze occidentali e americana sono bloccate da apocalittiche minacce terroristiche.

Azione, archeologia, mistero, guerra, spionaggio, terrorismo: una serie di generi letterari mirabilmente mescolati e ottimamente amalgamati dalla bravura dell'autore, che riesce ancora una volta a creare una vicenda in cui suspence e colpi di scena si susseguono dall'inizio alla fine, fino alla conclusione di una vicenda entusiasmante.

Auguro a tutti buona lettura.

lunedì 16 marzo 2009

Lo scudo di Talos



Il mio fratellino mi ha regalato questa recensione.










Dati del libro

Edizione Oscar Mondadori del 1990 (ristampa 2009)
Autore: Valerio Massimo Manfredi
Serie economica
Prezzo di copertina € 9,00









Trama

Talos, lo storpio, è cresciuto tra gli iloti. Pastore tra i pastori.
Brithos, l'intrepido, è stato allevato per essere guerriero. Nobile tra i nobili.
Due fratelli separati in nome della legge più crudele di Sparta. Ma per vie tortuose il fato li riavvicina, li schiera fianco a fianco nella lotta contro gli invasori persiani.
Atene e Sparta: la gloriosa vittoria di Maratona e l'eroico sacrificio delle Termopili: la grande storia dei greci fa da cornice a una splendida e tormentata storia familiare.
Un romanzo di passioni politiche e di affetti, di coraggio e di avventura. Un libro per rivivere il tempo degli dei e degli eroi.

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La mia recensione

Le crudeli leggi spartane obbligano chi non è perfetto a essere abbandonato nella foresta per essere divorato dai lupi, ma talvolta qualche ilota di buon cuore può raccogliere il neonato e allevarlo come fosse un proprio figlio, donandogli una vita di schiavitù e miseria, ma pur sempre una vita.

Così comincia la vicenda di Talos, abbandonato dalla nobile famiglia dei Kleomenidi per via di una deformazione al piede, e raccolto e allevato dal vecchio pastore Kritolaos.

Il vecchio Kritolaos nasconde però un segreto: un segreto che ha a che fare con il popolo dei Messeni, sconfitto e ridotto in schiavitù dagli Spartani, ma mai domo e pronto alla riscossa, non appena si troverà un valido condottiero.

Mentre Talos viene allevato da Kritolaos come pastore, con l'intento di diventare il condottiero delle leggende, il Lupo, Brithos, suo fratello, viene addestrato nella severa e rigidissima disciplina spartana, per diventare uno degli Uguali: i guerrieri formidabili che tutti temono.

La condizione di schiavitù porta il giovane Talos a fianco di Brithos, suo fratello, a seguire le sorti e le vicende di Sparta lungo il periodo delle guerre persiane, dal sacrificio delle Termopili alla vittoria di Platea, proseguendo con le idee di libertà del reggente Pausanias.

Il tutto infarcito con gli intrighi della Krypteia, l'organizzazione segreta militare degli spartani, e degli Efori che governano Sparta nella morsa di leggi crudeli, dettate dalla necessità di un popolo che non vuole cambiare e deve vivere nel confronto continuo con le popolazioni sottomesse, che sono indispensabili per la sopravvivenza stessa del delicato equilibrio spartano.

Intrighi, verità e leggende sapientemente miscelate dalla bravura dell'autore, che ci riporta all'interno di vicende leggendarie e umane di un popolo mitico, in un romanzo appassionante che si legge tutto d'un fiato dalla prima all'ultima pagina.

Auguro a tutti buona lettura.

lunedì 9 marzo 2009

BUON COMPLEANNO BARBIE!

9 marzo 1959 – 9 marzo 2009 la Barbie compie 50 anni.
L'evento avrà portata mondiale con tanto di festeggiamenti che dureranno per tutto il 2009 spostandosi attraverso i vari paesi.
In America la Barbie, insieme alla Mattel, sarà lo sponsor della settimana della moda. Ambiente a lei congeniale in quanto nel corso della sua vita sono stati moltissimi gli stilisti che hanno disegnato per lei abiti e accessori tali da renderla un'icona del fashion. Anche in quest'occasione sarà lei la protagonista: le modelle in passerella la imiteranno e i migliori stilisti americani le vestiranno.
Anche a livello nazionale molte case del fashion in generale creeranno oggetti di tendenza per festeggiarla: gioielli, scarpe, inserti speciali in riviste di moda, capi di abbigliamento ecc. Mentre per accompagnarla nel suo viaggio verrà interpellata la casa automobilistica torinese la FIAT che creerà per lei una FIAT 500 decapottabile, probabilmente rosa, e una serie di accessori per le vere 500, sempre per l'occasione.

A livello mondiale la compagnia Mexicana tingerà di rosa un areo, i brasiliani festeggeranno in costume rosa sulle spiagge di Copacabana, alcuni villaggi turistici creeranno delle stanze rosa e nuove collezioni di abiti saranno dedicati alla celebre bambola. Mentre il Principato di Monaco ha creato apposta per lei un francobollo.

Per i collezionisti ci sarà anche l'edizione “anniversario” della piccola diva.

Storia

Nata nel 1959 su un'idea della sig.ra Ruth Handler, moglie del co-fondatore della Mattel, ispiratasi a una bambola tedesca. Fu prodotta con poca convinzione dal marito, che si dovette ricredere subito: la nuova bambola ottenne un enorme successo. Segnò una svolta nel mondo dei giocattoli fino ad allora riproducenti le fattezze di bambini e neonati. Il boom portò la Mattel a creare alla sua diva una vera biografia dandole per prima cosa un nome consono: Barbara Millicent Roberts, poi una famiglia composta da varie sorelle nate nel corso degli anni, degli amici e un fidanzato con il quale sta da più di 40 anni. Nel corso degli anni ha avuto vari lavori rimanendo al passo coi tempi, è perfino approdata sul web, e spesso è stata protagonista di film in cui ha interpretato le protagoniste delle favole che nei secoli hanno accompagnato la crescita dei bambini, quest'anno uscirà la sua interpretazione di Pollicina.

Il tempo e il suo successo hanno portato altre case produttrici a percorrere la stessa via per le fattezze dei giocattoli, nascono così le Bratz che si sono accaparrate una buona fetta del mercato, questo ha portato la Mattel a un ulteriore rimodernamento della Barbie, affiancando al modello più classico un modello più moderno le My Scene. Ma non solo le antagoniste le hanno reso la vita difficile, anche accuse di colpire negativamente la mente delle bambine con le sue proporzione inesatte hanno portato la casa produttrice ad allargarle il bacino.

Ma prima ancora la casa produttrice immette sul mercato un altro modello di Barbie, un modello non giocattolo ma da collezione e il successo è presto ottenuto, questo induce la Mattel a creare delle vere e proprie linee da collezione molto curate nei dettagli e con vestiti preziosi, spesso disegnati da grandi nomi della moda. Le file di questi oggetti preziosi si arricchiscono anche di pregiati esemplari di porcellana.


Un nuovo modo di intendere il gioco e un nuovo oggetto da collezione fecero la loro comparsa nel 1959 e ancora oggi vivono e prosperano, riuscendo ad adattarsi ai cambiamenti e ai gusti del pubblico di tutte le età, segnando la fantasia perfino di artisti come Andy Warhol, naturalmente con le dovute eccezioni di chi invece non ama la piccola star, come succede per ogni cosa.
Una vita lunga per un giocattolo, e sembra che per lei la parola fine non sia ancora da scrivere quindi non posso che dire: Buon Compleanno Barbie!




Fonti:
Wikipedia, il Sole 24ore, Il Corriere della Sera, La Repubblica, advexpress.blogspot.com, www.affaritaliani.it

sabato 21 febbraio 2009

Chimaira



Ecco la recensione di un libro che ho letto.








Dati del libro

Edizione Oscar Mondadori del 2002
Autore: Valerio Massimo Manfredi
Serie economica
Prezzo di copertina € 8,80





Trama

Volterra: il giovane archeologo Fabrizio Castellani sta cercando di decifrare una misteriosa anomalia racchiusa nella famosa statua etrusca “L'ombra della sera”, quando al telefono una voce gli ingiunge perentoria di abbandonare la sua ricerca. Nei giorni seguenti , nei pressi di una tomba, vengono ritrovati i corpi di uomini sbranati da una misteriosa belva di dimensioni inimmaginabili. Le vittime risultano tutte coinvolte nella profanazione della tomba, sede nell'antichità di un agghiacciante rituale. Nel frattempo gli archeologi ritrovano un'iscrizione che riporta una maledizione lanciata per un crimine orrendo commesso in tempi lontani. Temerario detective del passato, Fabrizio affianca le indagini del tenente Reggiani, convinto che un unico evento sia all'origine di tutto. Cosa nasconde l'enigmatica statua? Qual è la ragione di un'ira sanguinaria che pare avere origini lontanissime? Quale tragedia si cela dietro l'iscrizione? Riuscirà Fabrizio a scardinare tutti questi segreti?

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La mia recensione

Un giallo a tinte forti, dove l'indagine si fonde con la suspense usata per introdurre gli elementi della vicenda.

Il tutto ha inizio con un archeologo che, per portare avanti i suoi studi su una statua si trasferisce per un periodo a Volterra, in pieno territorio etrusco, dove lo spirito di quest'antico popolo è tutt'ora molto forte.

La suspense è molto ben tenuta dall'inizio alla fine quando viene svelato il mistero sull'omicida (che non intendo svelarvi per non togliervi il gusto della lettura). In questo ambiente dove passato e presente si fondono e si separano continuamente, dove la moderna tecnologia aiuta a svelare antiche iscrizioni, il giovane archeologo si dovrà improvvisare investigatore, e dare una mano al vero investigatore, perché la sua stessa vita e non solo.

Queste indagini si ricollegano al motivo della sua permanenza a Volterra e il raggiungere la fine sui suoi studi gli sarà di aiuto per risolvere il giallo e salvare la propria vita.

In modo semplice lo scrittore introduce anche elementi propri dell'archeologia (suo mestiere) permettendo di imparare anche qualcosa sull'antico e poco conosciuto popolo etrusco.

Personalmente ho apprezzato il libro, trovandolo scorrevole nella lettura e il ritmo tenuto bene dall'inizio alla fine.

Valerio Massimo Manfredi dimostra la sua bravura nel miscelare i temi classici del giallo, omicidi e indagini, con i temi del soprannaturale, credenze su antiche maledizioni, trascinandoci in una vicenda dal ritmo incalzante che inizia nell'antica Etruria fino ai nostri giorni per trovare il suo epilogo.

Auguro a tutti buona lettura.

lunedì 9 febbraio 2009

Leggende sui Draghi 2° parte



LEGGENDE ITALIANE


Leggenda milanese
A Milano, dopo la morte di Teodosio e di Papa Ambrogio, nella zona della città dove oggi sorge al chiesa di San Dionigi a causa di un morbo pestilenziale morirono centinaia di persone, ma la causa di quel morbo non si riusciva a scoprire. La particolarità era che solo in quella parte della città morivano le persone, le altre zone erano sane.
Alla fine fu scoperta la causa in un drago, che usciva a certe ore dalla sua tana e appestava l'aria col suo fiato pestilenziale. Non esistendo alcuna cura se non l'eliminazione della creatura, Uberto Visconte affrontò la bestia e liberò la sua patria, avendone in cambi gloria eterna.

Di come sia avvenuto lo scontro e di dove sia stato sepolto il drago non si ha alcuna notizia. Sembra che in una cronaca del Torre si accenni che in alcuni scavi fatti, per posare le fondamenta del Mausoleo Trivulzio a Porta Romana, si siano rinvenuti i resti di una mostruosa creatura che sembrava essere un drago, forse quello dello scontro. Ciò che non fece dire con certezza “è il drago” era il fatto che il luogo era usato in passato per gli scontri tra belve e armigeri.

LEGGENDE DELLE ALPI

Basilisco (leggenda trentina)
Di aspetto imponente aveva il corpo simile a una biscia, fornito di ali e di cresta, ma aveva anche una certa somiglianza coi fantasmi in quanto il suo corpo riluceva nella notte tracciando una striscia luminosa quando volava sulle montagne.
Questa creatura uccideva gli sventurati abitanti del luogo con il veleno che cadeva, come gocce di fuoco, dal suo corpo quando volava, provocando incendi violentissimi.
Il signore del luogo tornando da una guerra decise di porre fine alla maledizione e armato di tutto punto si recò alla tana del basilisco, lo fece venire allo scoperto e lo uccise dopo un breve combattimento.
Sceso a valle il giovane conte alzò trionfante la lancia con la testa del basilisco infilzata, ma questa mossa di trionfo costò cara al guerriero, la malefica bestia riuscì a compiere il suo ultimo misfatto dopo la morte: una goccia del suo veleno riuscì a penetrare le difese del giovane ed egli morì all'istante.
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Seconda storia
Sembra che sulle Alpi di Vaud dimorassero enormi serpi alate come i draghi, chiamate vouivres (molto probabilmente erano draghi), provviste di un solo occhio, che in realtà era un enorme brillante, che illuminava la strada quando esse volavano da una montagna all'altra o quando andavano a bagnarsi nelle acque dei laghi. Altra caratteristica di queste creature era che portavano una corona sul capo.
Erano in grado di emettere fasci di scintille e fiamme dalla bocca.
Malgrado il terrore che incutevano alle genti, queste cercavano di rubare il prezioso brillante che le serpi depositavano sulla riva del lago ogni volta che andavano a bagnarsi.

Sempre secondo la leggenda queste vouivres si riunivano in certe valli montane deserte per danzare, la popolazione poteva vedere gli scintillii mandati dai loro occhi riflettersi nel buio nella notte.
Sembra che una di esse sia stata avvistata nel 1790.

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Terza storia
Sempre sulle Alpi di Vaud, nel Lago di Chavonnes, sembra dimorasse un drago bianco dall'aspetto imponente e dagli occhi fiammeggianti che faceva la guerra agli uccelli, ma se una fanciulla si avvicinava al lago e lo guardava con occhi appassionati il drago si ammansiva e prendeva il cibo dalle sue mani.
Questa storia sembra ricollegarsi alle tante favole di principi maledetti che aspettano l'amore di una bella fanciulla per poter riprendere il loro aspetto.
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Quarta storia
Nella Novalesa troviamo invece Sant'Eldrado.
Nel nono secolo egli scacciò le serpi che infestavano una valle delle Alpi Cozie, dove voleva fabbricare un convento, costringendole a ritirarsi per sempre in una profonda grotta.
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Quinta storia
A Frossasco fu la serpe ad averla vinta sullo stregone.
Nella cittadina infestata da molte piccole serpi, governate da un enorme serpe, arrivò un giorno uno stregone che disse di poter sconfiggere tutte le creature più piccole ma non il loro re. Infatti col suo fischio ipnotico riuscì ad attrarre fuori i piccoli serpenti e a sconfiggerli grazie alla sua forza magica, ma quando uscì il re, l'enorme serpe, egli andò dallo stregone e lo batte con le sue stesse armi: puntò su di lui i suoi occhi scintillanti lo sfortunato mago perse il controllo del proprio corpo non riuscendo a ribellarsi e a scappare venne ucciso dalle spire della maestosa serpe.
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Sesta storia
Nelle Valli di Ceresole non sono né stregoni né santi a sconfiggere le serpi che infestavano in gran numero il luogo, ma un misterioso monaco disceso dalle alpi che riuscì a farsi ubbidire da queste creature.
Qui vi è ancora la superstizione che portare un pezzo di pelle di serpe con sé protegga contro ogni sventura.




Fonti:
http://geocities.yahoo.com
www.mondimedievali.net
www.ilguerriero.it
www.satyrnet.it
http://bluedragon.it
http://olay.bazaar.net
www.croponline.org
www.animalplanet.it
Leggende delle Alpi
Miti e saghe vichinghe

lunedì 2 febbraio 2009

Leggende sui Draghi 1° parte


LEGGENDE

Leggenda di Santa Marta
Sconfisse un drago nei tempi in cui lei stava evangelizzando la Provenza. Si narra che un terribile ed enorme drago chiamato “Tarasca”, devastasse le fertili pianure della valle del Rodano e impedisse agli uomini di vivere tranquilli in quei luoghi. La Santa, venuta a conoscenza del fatto, inseguì la bestia nelle profondità dei boschi e la domò cospargendola di Acqua Benedetta e segnandola con il Segno della Croce. Infine, mansueta e addomesticata, legò alla sua cintura la coda del mostro e lo portò nell’odierna città di Tarascona, che dal drago prese il nome. La popolazione si vendicò dei soprusi e delle barbarie lapidando il drago.
Da allora ogni 29 giugno la Chiesa ricorda Santa Marta e nella città di Tarascona si tiene una solenne processione aperta dal fantoccio dell’impressionante Tarasca con le fauci spalancate. Nei pressi una ragazza vestita di bianco benedice il mostro, che alla fine viene legato e sopraffatto.

Leggenda di San Giorgio

Visse, nella zona di Diospolis, in Palestina; fu decapitato a Nicomedia per ordine di Daziano Preside, nell’ambito delle persecuzioni di Diocleziano, intorno all’anno 287. Nel XII secolo, importata dai Crociati, cominciò a circolare la leggenda secondo la quale San Giorgio, giunto a Silene (Libia) dalla Cappadocia, aveva ucciso un drago in procinto di divorare una principessa legata ad uno scoglio. Giorgio diventò l’uccisore di draghi per eccellenza, e fu adottato come patrono dell’Inghilterra da Edoardo III intorno al 1348. Il “Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii” racconta che San Giorgio ha vissuto in Brianza, dalle parti di Asso. Un drago imperversava da Erba fino in Valassina, ammorbando l’aria con il suo fiato pestifero e facendo strage di armenti. Quando ebbe divorato tutte le pecore di Crevenna, la gente del paese cominciò a offrirgli come cibo i giovani del villaggio, i quali venivano estratti a sorte; il destino volle che tra le vittime designate vi fosse anche la principessa Cleodolinda di Morchiuso, fu lasciata legata presso una pianta di sambuco. San Giorgio giunse in suo soccorso dalla Valbrona, e, per ammansire la belva, le gettò tra le fauci alcuni dolcetti ricoperti con i petali dei fiori del sambuco. Il drago, docile come un cagnolino, seguì tranquillamente Giorgio fino al villaggio; qui, di fronte al castello, il Santo lo decapitò con un solo colpo di spada, e la testa del mostro rotolò fino al Lago di Pusiano. In ricordo dell’avvenimento, ancora oggi il 24 Aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i “Pan meitt de San Giorg”, dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e fiori essiccati di sambuco. I Pan meitt si gustano tradizionalmente con la panna: per questo l’eroico San Giorgio, patrono dell’Inghilterra, dei militari, dei boy-scout e di Ferrara, è anche il protettore dei lattai lombardi, che un tempo tenevano in negozio un altarino a lui dedicato.

Leggenda di Sant'Efflem

Si narra che un principe avesse individuato la tana di un Drago che terrorizzava i suoi sudditi e in qualità di sovrano aveva il dovere morale di difenderli uccidendo o scacciando la bestia. Nella sua impresa chiese l'aiuto a Efflem, il parroco della sua città che a quel tempo ancora non era Santo, e i due si diressero insieme verso la tana del Drago per porre fine alle sue malefatte. Arrivati davanti la tana però il Principe si fece prendere da un profondo terrore, sentiva il respiro del Drago che da solo bastava a far tremare di paura qualsiasi uomo. A questo punto intervenne il Chierico che disse al Principe di non aver paura, perchè chi era sotto la benedizione di Dio non doveva temere nulla. Il Principe però era immobilizzato, allora Efflem dopo essersi fatto il segno della Croce entrò nella tana del Drago che quando lo vide non solo non riuscì ad attaccarlo, ma si precipitò fuori dalla tana, scappando lontano, fino ad arrivare sulle rive dell'oceano dove si racconta che vomitò sangue.
Questo mostra come il male (nel caso specifico il Drago) ha paura più dello scudo interiore di fede che non delle spade e delle armature!

Leggenda di Beowulf
Secoli fa, quando ancora gli eroi dominavano le terre del Nord, una figura vestita di stracci avanzava carponi lungo una spiaggia rocciosa della Scandinavia alla ricerca di una via per arrampicarsi sulla scogliera soprastante. Era uno schiavo che fuggiva dal suo padrone, un signore del regno dei Geat e, sebbene di lui non si sappia nemmeno il nome, le sue gesta epiche cambiarono il destino del suo popolo”. Nella prima parte della leggenda, lo schiavo vagando lungo la riva si imbatte in un enorme tumulo di pietre, forse tomba di un antico re. Trova l’entrata e penetra nel tumulo. “Si trovava in una stanza del tesoro, dove erano ammassate le ricchezze di una potente e sconosciuta tribù del passato. Braccialetti d’oro a forma di serpente, spille in filigrana d’argento, spade di ferro dall’impugnatura dorata, coppe in ceramica rossa di Samo, amuleti dell’antico dio Thor, monete luccicanti riempivano l’intera caverna. Stava già per avventarsi su quelle meraviglie, quando qualcosa gli gelò il sangue, bloccando ogni suo movimento”. Ed ecco apparire il drago. “avvolto in grandi spire, era acquattato sulle zampe dai lunghi artigli; i fianchi squamosi luccicavano, le ali membranose erano piegate, la grande testa riposava sul pavimento della caverna e le pesanti palpebre erano chiuse su occhi vecchi di secoli”. A questo punto lo schiavo non vuole altro che tornare dal suo padrone, così prende una coppa d’oro per farsi perdonare e fugge dal tumulo. “Quello schiavo, però, disturbando il guardiano del tesoro, aveva decretato la fine del suo popolo. Infatti il drago poteva vedere e sapere tutto, così, quando si risvegliò si accorse subito del furto commesso e avvertì immediatamente l’odore di carne mortale.
Lentamente, trascinò le proprie pesanti spire lungo lo stretto passaggio che conduceva fuori dalla sua tana e, alla luce ormai fioca della sera, osservò la landa desolata alla ricerca delle tracce lasciate dai piedi dell’intruso; appena ebbe trovato ciò che cercava, con un grido e un getto di fuoco, s’innalzò in volo, sbattendo le grandi ali verso il regno dei Geat. Sorvolò tutti i villaggi e le sue urla agghiaccianti fecero precipitare gli abitanti fuori dalle case, i volti cinerei levati verso il cielo; sopra di loro, il drago volteggiava in una danza di morte, lanciando il suo grido terrificante mentre iniziava la discesa.
I suoi colpi furono rapidi e terribili: sputando lingue di fuoco, investì i tetti delle case e scomparve in lontananza. In quella terra, tutte le abitazioni, anche quella del re, erano costruite in legno, canne e paglia, furono perciò facili bersagli per il fuoco del drago. In tutto il regno dei Geat, quella notte il cielo venne rischiarato da alte lingue di fuoco che si levavano dai villaggi, che bruciavano come pire funerarie.Niente sfuggì alla furia del drago, e, quando giunse l’alba, le case dei Geat erano ridotte in cenere; dai villaggi si innalzavano sottili fili di fumo accompagnati dagli strazianti lamenti delle donne”. A questo punto il re dei Geat, il mitico Beowulf ma molto più anziano, si arma, si reca al tumulo del drago assieme ai suoi migliori combattenti e affronta il mostro. Solo uno dei compagni del re parteciperà allo scontro, il nobile Wiglaf, e così il re e il drago si uccideranno a vicenda.

Quest'ultima leggenda prende le sue origini da un fatto realmente accaduto in Scandinavia, cioè un immane incendio che sembrerebbe proprio essere stato scatenato da un drago.

Leggende Mesopotamiche

In esse si narra di due esseri primordiali, Apsu, lo spirito dell'acqua corrente e del vuoto, e Tiamat, lo spirito dell'acqua salmastra e del caos.
Tiamat e Apsu corrispondono come aspetto ai draghi del nostro immaginario, cioè all'unione di tutti gli animali allora conosciuti, generando così quelle creature dall'aspetto imponente e che incute timore tipiche di tutte le leggende in cui i draghi compaiono.

Queste due creature generarono dapprima gli dei, poi quando questi si ribellarono al caos che i genitori rappresentavano uccidendo il padre Apsu, Tiamat generò tantissimi mostri per vendicare il compagno e perseguitare gli dei.
Gli dei elessero Marduk come loro campione e questi uccise la madre e catturò i mostri da lei generati rinchiudendoli negli inferi.
La leggenda vuole ancora che dal corpo della madre Marduk creasse con una metà il firmamento e con l'altra la terra,Nei cieli eresse la dimora degli dei inserendo la luna e le stelle come guardiane del tempo. Con il sangue di uno dei figli di Tiamat creò gli esseri umani.

In questa leggenda non si ha solo la presenza di due draghi, ma essi rappresentano l'inizio del mondo, il caos da cui tutto è stato plasmato, la forza della natura sia benigna che maligna. Eventi a cui gli uomini hanno da sempre cercato di dare una spiegazione e questa storia-leggenda è ciò che in quelle terre rappresenta la nascita del mondo e degli uomini: il caos sono i draghi, i loro primi figli, gli dei, sono i difensori degli uomini e i creatori del mondo e degli uomini.

Tuttavia tra le divinità babilonesi vi era una creatura chiamata Mushushu che nella fisionomia ricordava proprio un drago dai tratti bonari e protettivi. Da ciò si capisce che malgrado da un lato il drago rappresentasse il caos e la natura maligna, dall'altro era anche un protettore, cioè rappresentava la natura benevola.

Leggende Egiziane

In questa terra il drago Apopi rappresentava gli abissi che inghiottivano il sole ogni volta che tramontava e che cercava di trattenerlo uscendone sempre sconfitto.
Apopi era il sovrano degli inferi che si trovava all'orizzonte dove il sole- Ra si inabissava, nel suo ciclo da est a ovest, e intraprendeva con il drago un duro combattimento per poter risorgere all'alba successiva. La metafora della vita riassunta in un giorno che si ripeterà fino alla fine dei tempi.

Leggende Greche

Qui il drago generatore del caos era Tifone, un titano (i primi esseri onnipotenti creati dalla natura e precedenti la venuta degli antichi dei) dall'aspetto spaventoso: un drago con cento teste ognuna delle quali dotata di occhi fiammeggianti, alto più delle montagne e con una enorme bocca che vomitava fuoco e sassi.
Il drago si mosse contro i giovani dei per distruggerli, seminando distruzione lungo tutto il suo cammino. Solo l'allora giovane Zeus lo affrontò riuscendo a relegarlo nel Mar Ionio imprigionandolo con un'isola, l'attuale Sicilia. La rabbia del drago generava dalle eruzioni dell'Etna.
La battaglia ebbe come territorio la Grecia e la Siria e da essa furono generati i vari fiumi che attraversano ancora oggi i due territori.
I tifoni vennero chiamati così per il paragone del loro potere distruttivo con quello del drago-titano Tifone.

Anche in altre leggende di eroi greci ritroviamo il drago, spesso di colore rosso, sul quale l'eroe di turno riesce sempre ad avere la meglio.
Le mele d'oro: Ercole incaricato da un re mortale di portargliele si mette d'accordo con Atlante affinché egli affrontasse il drago a guardia del giardino
Vello d'oro: Giasone avrebbe ottenuto il prezioso cimelio solo se avesse seminato i denti del drago, che avrebbe affrontato con successo, come gli aveva promesso il re della Colchide. Il piano di quest'ultimo era che i soldati nati dai denti avrebbero ucciso Giasone, ma Medea (figlia del re e innamorata di Giasone) aiutò il giovane eroe e grazie alla sua magia Giasone riuscì ad avere il vello e lei partì con lui.

Leggende Norrene

Anche nelle leggende celtiche vi era la presenza dei draghi.
Vi troviamo Nidhogg che attentava alla vita dell'albero della vita Yggdrasil. Particolarità di questo drago, e di tutti gli altri della mitologia nordica, era l'assenza di zampe e la capacità di parlare tutte le lingue per circuire le persone. Quest'ultima capacità (la comprensione delle lingue degli animali, in particolare) la si poteva acquisire mangiando il cuore del drago, mentre bagnarsi nel suo sangue rendeva invulnerabili.
Altro drago norreno era Jotunheim (figlio di Loki e della gigantessa Angrboda, ma a partorire fu Loki, in quanto non si uni carnalmente alla gigantessa ma ne mangiò il cuore, unica cosa di lei rimasta dopo che gli asi la punirono per la sua malvagità) un gigantesco drago serpentiforme che Odino gettò nel mare e che crescendo arrivò a stringere nelle sue spire il regno degli uomini. Alla fine dei tempi lotterà con Thor e si uccideranno a vicenda.

Fanfir era in realtà un nano dalle fattezze di drago che custodiva il tesoro dei nibelunghi e che venne sconfitto e ucciso da Sigurd/Sigfrido che così si impadronì del tesoro custodito dal nano-drago.
Inoltre mangiandone il cuore riuscì a comprendere la lingua degli uccelli e grazie al bagno che face nel sangue del drago divenne invulnerabile.



Fonti:
http://geocities.yahoo.com
www.mondimedievali.net
www.ilguerriero.it
www.satyrnet.it
http://bluedragon.it
http://olay.bazaar.net
www.croponline.org
www.animalplanet.it
Leggende delle Alpi
Miti e saghe vichinghe