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lunedì 21 luglio 2008

Una storia del tempo di internet

Questa è una storia vera: una storia che può succedere solo nel mondo virtuale di internet, ma che comunque è una storia molto reale, forse più reale di molte altre storie che accadono nel cosiddetto mondo reale.
Non è una storia piacevole o a lieto fine, ma non è nemmeno una storia dagli sviluppi truculenti e sanguinari come quelle a cui sono abituato. In fondo si tratta di una storia sentimentale che riguarda un ambiente che non conosco a fondo e che non sono capace di descrivere, per questo chiedo scusa a chi la leggerà e gli sembrerà una sciocchezza infantile da ragazzini: in fondo il mio mondo è composto da tenebre, odio e sangue, e questi elementi li so descrivere perfettamente, visto che li vivo in continuazione, ma l'amore è un elemento estraneo, che non conosco e non comprendo e per questo non lo so descrivere: come disse un personaggio enormemente più famoso di me: «Io non so parlare d'amore!»

Erano tempi oscuri, il mondo di Infopaedia non era ancora nato (se non sbaglio, a quell'epoca nemmeno la Dea Creatrice e il Dio Festaiolo esistevano ancora) e, nel corso del mio esilio punitivo dal Regno delle Tenebre, ero approdato in un luogo di pace e serenità, un posto idilliaco che mi rammentava gli olimpici lidi della mia ormai lontana giovinezza. Anche i nomi si rifacevano alla mitologia classica.
Quando approdai in questo luogo, venni accolto amichevolmente da diversi personaggi, che mi ricoverarono in un locale dove passai i primi tempi a recuperare le forze e leccarmi le ferite (mai sprecare il sangue, se lo si può evitare).
Durante una chiacchierata con un paio di questi simpatici personaggi, avevo rivelato la mia natura tenebrosa, convinto che sarei stato immediatamente scacciato, eppure non accadde, anzi fui invitato a girare nei vari templi di questo luogo, cercando di conoscere tutto quello che accadeva, al fine di poter aiutare gli altri secondo le mie capacità, non avevo mai visto un simile trattamento e ne fui estasiato, e così feci, mentre gli amici aumentavano sempre di più, compreso il Dio Festaiolo.

Venne un giorno in cui, tra questi amici apparve LEI.
Era un periodo di festeggiamenti, e lei arrivò, attratta dal rumore di brindisi e dalle risate.
Come molti, era giunta lì per chiedere soccorso a Colei che poi divenne la Dea Creatrice, e come pochi si era poi fermata.
Da quel primo fugace incontro, in cui i nostri sguardi si incrociarono, sentii un brivido scorrere dentro di me: il fluido vitale che scorreva gelido dentro le mie vene, alimentato dalla controparte che suggevo nottetempo, si stava improvvisamente iniziando a scaldare da solo.
Per un certo periodo, ci si incontrava tutte le sere (io potevo uscire solo dopo il calar del sole, ovviamente) e si chiacchierava di ogni cosa che venisse in mente, del più e del meno, ma anche del per e del diviso e a volte delle radici quadrate.
Ben presto, essendo entrambi tra i frequentatori più assidui, si entrò in una certa confidenza.

Un giorno, in uno strano periodo, aprii la mia finestra verso il mondo e mi accorsi che c'era qualcosa di strano: apparentemente nessuno stava passeggiando per quei lidi, nemmeno coloro che normalmente erano sempre lì, e ciò era male: io avevo fame, fame di vita, fame di fluido vitale, fame di calore umano.

Guardando meglio, mi accorsi che in realtà una persona c'era: LEI!!!
Era lì, sola, si guardava intorno smarrita e un pochino spaventata, mentre vagava per le strade buie e deserte.

In quel momento la chiamai, non so nemmeno io perché lo feci: era contrario sia al mio carattere timido, sia al mio stile di caccia avvisare la preda, ma LEI non era una preda: dal profondo delle tenebre avevo visto i suoi occhi e avevo letto una profonda tristezza in essi. Vedevo in lei una forza possente, ma una forza nata dalla disperazione e da un dolore profondo. Qualcosa si bloccò in me: improvvisamente LEI non era più la mia preda, ma era una persona con cui avevo qualcosa in comune.
Fu quello, probabilmente, il vero motivo per cui mi rivelai a LEI.

Non era nulla di speciale: le dissi semplicemente: «Ciao!» e, nello stesso istante in cui lo dissi, mi pentii di averlo fatto, o meglio, mi pentii di averla disturbata, ma era troppo tardi: il mio segnale era partito, e aveva già innescato qualcosa che nemmeno io potevo immaginare.

Lei si scosse ma non si spaventò riconoscendo la mia voce, e mi rispose con un «Ciao» mentre i suoi occhi si illuminarono di gioia.
Mi avvicinai e iniziammo a parlare. Eravamo entrambi soli, entrambi sperduti in un mondo di tenebra, eppure adesso nessuno dei due aveva più il minimo timore.
La solitudine di entrambi ci avvicinò l'uno all'altra, e da allora ci cercavamo ogni sera, chiacchierando più tra di noi che con gli altri amici..

Non importava il fatto che i nostri alter-ego umani si trovassero fisicamente a centinaia di chilometri di distanza e che era difficile pensare a un vero incontro fisico: la mia anima dannata si levava ogni sera con la stessa bramosia con la quale cercava il fluido di vita per il proprio nutrimento, ma adesso cercava un altro fluido vitale: cercava il calore umano... e lo cercava nell'anima di costei, che risplendeva come un Faro nella notte verso cui la mia anima si dirigeva, al pari di una falena.

Tutte le sere ci si incontrava, e le serate proseguivano normalmente fino alle due di notte (eravamo entrambi animali notturni...), finché un giorno LEI scoprì alcune cose su di me, risalendo quindi a un mezzo di comunicazione più immediato del web, ed entrambi udimmo finalmente la vera voce dell'altro.

La vita del mio alter-ego umano proseguiva tra gli sfottimenti dei colleghi quando sentivano la suoneria annunciare l'arrivo di un sms (finché non si decise a togliere la suoneria dai messaggi) o le chiamate durante la pausa (finché, complice la bella stagione, non si decise a fare la pausa sulla riva del Grande Fiume, anziché nella saletta dell'ufficio), ma Lui era felice: per la prima volta nella sua miserabile giacenza su questo mondo, sentiva che esisteva un motivo per passare da un giorno all'altro, e stranamente non si arrabbiava nemmeno più tanto nei cantieri.
A tal proposito, quando la sera le raccontavo che l'indomani sarei andato in qualche cantiere, esigeva che la chiamassi appena terminato il lavoro: ricordo un giorno che, complice la scarica della batteria del telefonino, non potei richiamarla se non a sera, che stava piangendo e mi ha letteralmente riempito di urla e rimproveri per le preoccupazioni che le avevo dato.

Fu in quel periodo che il mio alter-ego umano cominciò a immaginare cosa potesse essere realmente quell'emozione che non si ricordava nemmeno più di aver mai provato, mentre sentiva che gli strati di ghiaccio che circondavano il muscolo principale del suo sistema vitale si stavano inesorabilmente sciogliendo l'uno dopo l'altro, fino a lasciarlo nudo e indifeso, esposto ma nuovamente pulsante e vivo.

Sapevo tutto di LEI, ogni cosa: l'unica cosa che mancava era vedere realmente il suo volto, eppure, in un certo senso, conoscevo benissimo anche quello. Finché un giorno LEI mi disse che aveva intenzione di vedermi e ardeva dal desiderio di essere vampirizzata e di passare al Lato Oscuro e per fare questo voleva venire nel mio mondo di tenebre (i miei impegni lavorativi erano molto più pressanti dei suoi, così l'iniziativa la prese Lei: io avrei dovuto aspettare il periodo estivo)

Ero il vampiro più felice dell'Universo, ma dovevo sapere che, nel mio caso, la felicità non può durare a lungo...

Un giorno LEI mi disse che aveva problemi di connessione alla rete, motivo per cui aveva ridotto la partecipazione online, e temeva fosse colpa del modem: io non me lo feci ripetere e le inviai subito il mio vecchio modem 56K (perfettamente funzionante ma inutile con Fastweb), ma le cose non migliorarono: purtroppo la causa dei problemi era il gestore, non il modem.

In quel periodo ero al lavoro fino a tardi (era un periodo in cui facevo i turni di 72 ore: 3 giorni interi, notti comprese, filati in ufficio, per una consegna ultra-urgentissima) e ad un certo punto mi sono reso conto che non mi aveva ancora mandato sms, allora ho provveduto io, ma era molto tardi e non mi ha risposto.
L'indomani non mi mandò nessun sms, stranamente non mi preoccupai, ma quella sera non l'avevo sentita e allora iniziai a preoccuparmi sul serio.
Le inviai una email ma non mi rispose, cercai di telefonarle ma avevo ormai il telefonino scarico e non potevo usare il telefono dell'ufficio per chiamate personali, così mi venne in mente che fosse per via dei suoi normali problemi di connessione.
Il giorno dopo, passate le 72 ore, ero a casa a riposo, e cercai di contattarla, invano.
A questo punto ero veramente preoccupato, se non ci fossero stati tutti quei chilometri di mezzo sarei partito subito per andarla a cercare, ma non potevo... materialmente non potevo!

Alla fine, dopo innumerevoli tentativi, riuscii a contattarla (via email) e mi raccontò la storia di una sua amica: aveva avuto la “buona” idea di confidarsi raccontando tutta questa vicenda a una sua amica (che temo di conoscere anch'io...), e costei aveva avuto l'altrettanto “buona” idea di intromettersi e farla riflettere, facendole capire che una storia simile a distanza non poteva avere seguito, che il fatto che io stessi cercando di farla venire a Torino poteva avere solo uno scopo, che in realtà lei non mi interessava se non per il classico motivo, e tante altre belle idee analoghe.
Mi raccontò tutto questo e mi raccontò anche che non se la sentiva di continuare il suo rapporto con me, specie ora che stava diventando una cosa seria.
In realtà, non era affatto così: io mi stavo impegnando per favorire il suo eventuale trasferimento a Torino, cercando persino diversi nominativi di aziende che potessero essere interessate al suo profilo (avevo le intenzioni più serie del mondo: non mi sarei mai impegnato tanto per una ragazza, se avessi avuto solo quell'intenzione).

Io (che ho sempre sbagliato tutto nella mia vita) ho cercato prima di dissuaderla poi di assecondarla, ma ormai era tardi.
Mi si è riformato in un attimo quel blocco di ghiaccio attorno al cuore che lei stessa era riuscita a sciogliermi lentamente ma inesorabilmente.

Lei mi mollò così, senza nemmeno un saluto, senza una sola parola.
Non rispose mai più alle mie chiamate, ai miei sms, alle mie email, finché mi rassegnai e smisi di cercare di contattarla. In fondo, non era certo la prima volta che mi capitava e sicuramente non sarebbe stata l'ultima. Eppure qualcosa faceva male dentro di me, forse perché nel colmo della mia millenaria idiozia, avevo immaginato che stavolta sarebbe stato differente, che ci sarebbe stato un futuro, che la mia anima dannata avrebbe finalmente riguadagnato il paradiso perduto.

Ma non è così: la felicità non è per i vampiri! Per questi demoni primordiali di cui faccio parte l'unica fonte di piacere può venire dalla predazione e l'unica fonte di calore umano è data dal sangue che scorre nelle arterie della preda.