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lunedì 31 ottobre 2011
sabato 29 ottobre 2011
Samhain - Hallowen
Oltre a questo si pensava che si spalancassero anche le porte del mondo fatato e appunto le fate camminassero tra gli esseri umani, non sempre con fini benevoli per gli uomini, ai quali facevano scherzi a volte pesanti e pericolosi. Da questo probabilmente nasce la tradizione del conosciutissimo “dolcetto o scherzetto?” anglosassone.
La successiva festa cristiana di Ognissanti fu istituita da Papa Bonifacio IV nel 610 e veniva celebrata il 13 maggio. Fu poi Papa Gregorio III a spostare la data al 1 novembre per soppiantare la festa pagana di Samhain, ancora molto radicata nei territori nordici dove le usanze celtiche erano ancora molto vive, da questo spostamento nasce l'attuale festa di Ognissanti e dei morti.
Samhain era una festa legata ai cicli della terra e il suo arrivo stava a indicare l'arrivo della stagione buia e fredda, la natura muore, metaforicamente parlando, e uscire di casa fa paura per il buio precoce delle giornate (ai tempi dei celti non esisteva l'illuminazione stradale, e malgrado questo oggi non è lo stesso consigliabile uscire di casa in tardo orario... ), ci si rannicchiava al calduccio delle proprie case, davanti al fuoco, e si passava il tempo narrando storie, aspettando che la stagione fredda passasse e tornasse la vita nei campi, consumando intanto le scorte alimentari raccolte e immagazzinate durante la bella stagione, sperando nella prosperità dei successivi raccolti.
Tradizione pagana di questa festa riguarda proprio il fuoco, vita e difesa delle popolazioni antiche che con esso si riscaldavano difendendosi dal freddo (tipico di questo periodo) e dagli animali selvatici e cucinavano i propri cibi. Infatti nei vari villaggi di origine celtica alla vigilia di Samhain venivano spenti tutti i fuochi, per evitare che gli spiriti malvagi trovassero la strada della casa, che venivano poi riaccesi il mattino dopo dalle braci del fuoco sacro. Con questo gesto si simboleggiava la fine del vecchio anno e l'inizio del nuovo anno, un anno in cui ci si lascia alle spalle ciò che non ci è piaciuto del vecchio anno e si mettono le basi per un anno prospero.
Invece secondo altre tradizioni anglosassoni le lanterne servivano accese per indicare la strada di casa ai cari estinti che venivano a festeggiare con i vivi e si fermavano con essi per aiutarli e proteggerli.
Samhain era il capodanno celtico.
Per la cultura Wicca questa data rappresenta uno dei quattro sabba maggiori. In esso si festeggia appunto la morte del Dio e il fatto che la Dea ne piange la scomparsa e per il dolore si rifugia nella fredda terra, ma il cuore della festa riguarda proprio la rinascita che avverrà a Yule (solstizio di inverno e festa del Natale) quando il Dio rinasce e la Dea ritorna feconda.
Mele e zucche sono i simboli di questa festa, le mele in particolare erano usate come protezione contro le negatività tagliate in orizzontale (il torsolo forma così un pentagramma) e appese alle finestre.
Tutto questo trova spiegazione nel fatto che le culture pagane legate al ciclo dell'agricoltura e quindi della terra sapevamo che la vita e la morte sono strettamente collegati e che la morte può essere un nuovo inizio (su quest'ultimo fatto si fonda il culto dei morti, principalmente dei propri morti che si crede che se anche privi di corpo fisico stanno sempre vicino ai vivi e li proteggono, cioè una morte che non è una fine completa finché i vivi ricordano i defunti).
Questa festa nella tradizione pagana fa parte delle quattro feste maggiori o Sabba, è considerata la festa più importante dell'anno ed anche la notte più magica dell'anno in cui si possono fare gli auspici migliori con vari mezzi: tarocchi, rune, mele, sassi specchi ecc.
Una vera notte di potere.
Sulla ruota dell'anno è posizionato proprio all'opposto di Beltane: buio e luce, morte e vita, fine e inizio. Insomma il cerchio della vita.
Molti eventi della mitologia celtica accaddero in questa notte.
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Questo anticamente era anche un periodo di meditazione su se stessi per fare il conto di ciò che si era riuscito a fare e di ciò che si voleva ancora ottenere. Si meditava e si cercava di migliorare se stessi in modo da avere un anno migliore di quello che era finito.
Questo è tutt'ora valido per migliorare se stessi cambiando le proprie cattive abitudini, in modo da ottenere ciò che si desidera.
La lezione essenziale che ci insegna questa festa, come le altre feste, è che non bisogna indugiare in tristezze e lasciarci alle spalle tutto ciò che ci rattrista e che ci blocca e rigenerasi per andare avanti con la nostra vita e i nostri desideri da realizzare.
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Contrariamente a ciò che si crede la festa non è di origine prettamente anglosassone e/o americana, ma anche in Italia ha le sue radici antiche nelle feste popolari, cambia solo la data passando dalla notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre alla notte tra il 1 novembre e il 2 novembre. Lo scopo ultimo è comunque lo stesso: onorare i propri defunti.
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In Italia più di ogni altra cosa questa data rappresenta la ricorrenza in cui si commemorano i propri cari estinti in vari modi a seconda della regione: il fulcro rimane comunque onorare i morti con preghiere e banchetti in loro onore, oltre ad accendere candele in loro memoria bianche o colorate, come preferiamo. Oltre a onorare la loro memoria e a ricordarli con questa festa, in particolare, si chiede il loro aiuto e la loro protezione.
Tra le usanze legate alla notte tra il 1 e il 2 novembre possiamo ricordare:
In alcune regioni, come il Piemonte per cena si lasciava un posto in più a tavola, riservato ai defunti che sarebbero tornati in visita.
In Val d'Ossola sembra esserci una particolarità' in tal senso: dopo la cena, tutte le famiglie si recavano insieme al cimitero, lasciando le case vuote in modo che i morti potessero andare li' a ristorarsi in pace. Il ritorno alle case era poi annunciato dal suono delle campane, perché' i defunti potessero ritirarsi senza fastidio.
In Valle d’Aosta la tradizione celtica si è mantenuta viva. Nonostante l’avvento del Cristianesimo, alcuni aspetti dell’antica festa irlandese di Samhain legata all’origine di Halloween, si sono trasferiti nella festività di Ognissanti e in quella successiva dedicata al culto dei morti. Per tradizione infatti, in questa regione nella notte a cavallo fra l’1 e il 2 novembre, si usava vegliare davanti ai fuochi lasciando sulle tavole delle pietanze per i morti che si credeva dovessero visitare le case dei vivi.
In Sardegna, dopo la visita al cimitero e la messa, si tornava a casa a cenare, con la famiglia riunita. Finita la cena non si sparecchiava, lasciando tutto intatto per gli eventuali defunti e spiriti che avrebbero potuto visitare la casa durante la notte. Prima della cena, i bambini andavano in giro per il paese a bussare alle porte, dicendo: ”morti, morti... ” e ricevendo in cambio dolcetti e frutta secca (il locale dolcetto o scherzetto).
In Calabria ci si avviava in corteo verso i cimiteri: e qui dopo le benedizioni e le preghiere per entrare in contatto con i defunti, si preparava un banchetto direttamente sulla tomba.
In Puglia, la sera precedente il due novembre, si usa apparechciare la tavola per la cena dei morti, con tutti gli accessori, pane acqua e vino, che si crede tornino a visitare i parenti e si fermino fino a natale o alla befana.
Ad Orsara (in Puglia) in particolare, la festa veniva (e viene ancora) chiamata Fuuc acost e coinvolge tutto il paese. Si decorano le zucche chiamate Cocce priatorje, si accendono falò di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro braci; anche qui comunque gli avanzi vengono riservati ai morti, lasciandoli disposti agli angoli delle strade.
In Sicilia i genitori preparano dolci e frutta secca da regalare ai bambini, dicendo loro che si tratta di un regalo dei morti, come premio se sono stati buoni durante l'anno. In rari casi i bambini potevano ricevere anche del denaro.
In Emilia Romagna nei tempi passati, i poveri andavano di casa in casa a chiedere "la carita' di murt", ricevendo cibo dalle persone da cui bussavano. Con questa carità si calmavano le anime dei morti. Questa usanza è diffusa sotto altri nomi in altre regioni, originando la base dell'usanza moderna dei bambini di andare di casa in casa travestiti a fare “dolcetto o scherzetto”.
A Bormio in Lombardia invece, la notte del 2 novembre si era soliti mettere sul davanzale una zucca riempita di vino.
In Veneto le zucche venivano svuotate, dipinte e trasformate in lanterne e la candela all'interno rappresentava l'idea della resurrezione.
Anche in Abruzzo si decoravano le zucche, e i ragazzi di paese andavano a bussare di casa in casa domandando offerte per i morti, solitamente frutta di stagione, frutta secca e dolci. Questa tradizione e' ancora viva in alcune localita' abruzzesi.
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“Intagliare delle zucche con volti minacciosi e porvi una candela accesa all'interno è il tradizionale rito di Halloween. Queste zucche si chiamano "Jack-o'-lantern" perché traggono origine dall'omonima leggenda irlandese, tipica di questa ricorrenza. La leggenda racconta che il fabbro "Stingy Jack", ubriacone e dissoluto, vendette l'anima al Diavolo per pagare i suoi debiti di gioco. Incontrato il Demonio la sera di Halloween, Jack gli offrì da bere. Questi accettò, per poi poter riscuotere il dovuto. Jack però sfido il Diavolo, dicendo che dubitava che potesse trasformarsi in qualsiasi cosa volesse. Il Diavolo si trasformò in una moneta che avrebbe pagato la bevuta, e gli eccessi, di Jack. Il fabbro però fu lesto a mettere la moneta in tasca, assieme ad una croce d'argento che possedeva, impedendo così al Diavolo di ritrasformarsi. Jack si accordò con il Diavolo perchè lo lasciasse in pace per un anno, con il proposito nel frattempo di cambiare vita e redimersi. Il Diavolo accettò, ma Jack lasciò trascorrere il tempo senza ravvedersi e senza curarsi della moglie, dei poveri e andare in chiesa, come si era proposto. Quando l'anno successivo al giorno di Halloween il Diavolo si presentò, Jack riuscì ancora a bleffarlo, riuscendo a fare con lui un patto che prevedeva che non l'avrebbe preso per dieci anni. Però l'anno seguente Jack morì. Rifiutato dal Paradiso, si presentò all'inferno, ma anche qui il Diavolo, in base al loro patto lo rifiutò. Quando Jack si allontanò dalla porta dell'inferno, il Diavolo gli scagliò un tizzone ardente, che Jack pose dentro una rapa cava, per farsi luce nel suo eterno vagare alla ricerca di una dimora. Questa legenda irlandese voleva far meditare, specie i più piccoli, sulla condotta di vita e quanto fosse brutto il vagare nelle tenebre (reali e simboliche). Divenne tradizione scavare le rape e illuminarle all'interno con una fiamma, per esporle di notte.
Quando si vedono i fuochi fatui, causati dalla materia in decomposizione sulle sponde delle paludi, si dice che sia Jack O'Lantern che vaghi in cerca di riposo.”
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In città oltre al lato commerciale vi è la visita, quasi un rito forzato, al cimitero per commemorare i morti.
Insomma è solo più una festa commerciale.
Fonti: Wikipedia, Halloweenight.it, Cantualeantonianum.com, Intrage.it, Il Giardino Segreto, Luce di strega.
sabato 22 ottobre 2011
Illustrazioni - Dipinti - Disegni
Ecco un'altra mia opera, l'ho intitolata
"La finestra sulla fantasia".
alla email
lqfantasia at gmail dot com
e sarò lieta di darvi tutte le informazioni che vi interessano.
Altre mie creazioni le potete trovare nella pagina "Illustrazioni - Dipinti - Disegni", dove raccoglierò tutte le mie opere per una più facile consultazione.
A presto.
sabato 15 ottobre 2011
Illustrazioni - Dipinti -Disegni
Se siete interessati ad averne una copia mi potete contattare
alla email
lqfantasia at gmail dot com
e sarò lieta di darvi tutte le informazioni che vi interessano.
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A presto.
sabato 8 ottobre 2011
Illustrazioni - Dipinti - Disegni
Una natura morta creata interamente con la grafica al computer, che mi ha dato molta soddisfazione nel farla, oltre a molto lavoro nel lavorare gli acini d'uva uno alla volta, ma il risultato finale mi ha premiato.
alla email
lqfantasia at gmail dot com
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A presto.
sabato 1 ottobre 2011
La mia amica Savanna mi ha mandato questa recensione.
Grazie Savanna.
Titolo Non è mia figlia
Autore Hannah Sophie
Euro 9,90
Trama
Alice Fancourt è stata lontana da casa solo due ore, eppure non vede l'ora di riabbracciare la sua bambina, la piccola Florence di due settimane. Ma, imboccato il vialetto di casa, Alice capisce subito che c'è qualcosa che non va. La porta è aperta, le stanze sono avvolte dal silenzio. Alice corre in camera della piccola e con orrore si rende conto che la bambina che dorme nella culla non è sua figlia. Al suo posto c'è un'altra neonata, un altro viso, un altro pianto. Ma dov'è Florence? E come è possibile che David, il marito di Alice, che doveva badare alla bambina, non si sia accorto di nulla? È l'inizio di un incubo. Perché nessuno le crede. Né David né la suocera Vivianne. Per loro Alice è solo depressa e rifiuta la bambina. E mentre David diventa sempre più aggressivo e minaccioso, ad Alice non resta altra scelta che rivolgersi alla polizia. A occuparsi del caso la detective Charlie Zailer e l'ispettore Simon Waterhouse. Alice non ha alcuna prova, solo la sua testimonianza, quella di una madre sicura che quel viso e quell'odore non sono quelli della bambina che ha portato in grembo per nove mesi. L'unica soluzione è convincere la polizia a eseguire il test del DNA. Ma il tempo scorre. Ogni minuto può essere fatale. E quando Simon Waterhouse finalmente acconsente a eseguire il test, forse è troppo tardi. Alice e la neonata sono sparite.
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Recensione
Si svolge su due piani temporali; quello della protagonista, Alice, e quello del detective Simon. Si interseca bene questa narrazione e il libro fila liscio: in certi punti è stato parecchio duro e mi ha turbato parecchio. Le situazioni descritte al limite del sadismo non possono non lasciare il segno.
Se lo si analizza bene durante la lettura, il finale è quasi prevedibile: diverso invece è il capirne il movente. Talmente troppo macchinoso che risulta inverosimile; arrivare a ordire un sistema del genere per garantire alla giustizia un assassino è veramente improbabile. Rimangono degli interrogativi quando finisce, sul presunto assassino e sul marito...interrogativi non risolti. Si arriva all'ultima pagina e ci si chiede 'e quindi?'...
Ciò non toglie che questo romanzo è scritto bene, con un occhio di riguardo per le implicazioni psicologiche di questa vicenda.