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sabato 25 giugno 2011

Undead - gli immortali



Ecco la recensione di un libro che ho letto.










Unead - gli immortali
Autori: Dacre Stoker & Ian Holt
Editore: PiemmeBesteller
Prezzo di copertina Euro 11,00









Trama


Londra, 1912. La “compagnia degli eroi”, il gruppo di cacciatori di vampiri che aveva sconfitto il celebre Dracula, conta un membro in meno da quando il dottor Seward ha trovato la morte in circostanze misteriose.
La sua macabra fine, insieme al ritrovamento dei cadaveri di alcune giovani domme, alimenta negli altri componenti del gruppo – l'avvocato Jonathan Harker, sua moglie Mina, Arthur Holmwood e il professore Van Helsing – il sospetto che il famigerato Dracula sia tornato a colpire. Ma il vampiro che semina la morte per le strade di Londra è in realtà la bellissima Contessa ungherese Elizabeth Bathory. E' lei, capelli corvini, pelle bianchissima, la vera responsabile degli efferati delitti. La sua non è solo sete di sangue, ma anche e soprattutto di vendetta: è decisa a eliminare quelli che, venticinque anni prima, avevano sconfitto Dracula.
Ai cacciatori si unisce anche il giovane Quincey Harker, figlio di Jonathan e Mina, che viene coinvolto nella lotta contro i vampiri, ignaro che il male che vorrebbe combattere è più vicino a lui di quanto non sospetti. Tra colpi di scena e duelli si snoda una storia trascinante, in un romanzo dove passioni tutte umane si mescolano al mito delle creature destinate all'immortalità.
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Recensione
Il romanzo si presenta come il seguito del famoso Dracula di Bram Stoker e infatti uno degli autori è il suo pronipote.
Per far aderire bene gli eventi dei due romanzi gli autori di questo sequel hanno cambiato le date di alcuni avvenimenti del primo, senza comunque togliere nulla ai fatti narrati e ripresi (il tutto lo si trova nelle appendici dello stesso romanzo, spiegato proprio dagli autori).
La storia è incentrata sulla figura di Dracula e del suo ritorno, come dimostrano gli omicidi commessi da un criminale, ma ben presto svela che tutti i fatti sono opera di un altro vampiro, un'affascinante donna ungherese che gira per le vie di Londra uccidendo le prostitute (riferimento a Jack lo squartatore). Però Dracula è veramente tornato e non in chiave crudele, bensì come difensore degli uomini contro la famigerata contessa ungherese, solo che è ancora debole a causa delle ferite riportate anni prima nello scontro con la “compagnia degli eroi”. Come unico aiuto trova la sua amata Mina, che in questo romanzo gli svela i suoi sentimenti e accetta di essere trasformata.
In un crescendo di eventi, che rivelano ciò che sta dietro ai vari personaggi della compagnia degli eroi, si arriva alla parte finale e all'inevitabile scontro con la contessa ungherese, ben descritto e dove fino alla fine non si capisce chi sarà il vincitore essendo gli antagonisti di pari forza.
Altra rivelazione, ricavata dall'esame dei fatti descritti nel primo romanzo, è che il figlio di Mina è anche il figlio di Dracula, con il conseguente sconvolgimento del ragazzo cresciuto con la certezza che i vampiri fossero esseri malvagi, dei demoni.
All'espressione del figlio e al suo rifiuto della sua natura Dracula si getta dalla scogliera al sorgere del sole e Mina lo segue, dopo essere stata rifiutata anche lei dal figlio. Due torce umane che si perdono nei colori dell'alba.
Ma la fine cela anche un inizio e ritroviamo il figlio di Dracula che si imbarca sotto mentite spoglie sul Titanic per andare in America, ignaro che anche una cassa particolare è imbarcata sullo stesso transatlantico.
Il romanzo segue la strada iniziata dal famoso Dracula nel modo di esporre i personaggi e la storia, aggiornandosi comunque ai tempi ed evitando il romanzo epistolare tipico dell'epoca del predecessore.
Scorrevole e senza sorprese, tipiche dei romanzi attuali di vampiri, continua senza pretese la storia di Dracula e non vi pone la parola fine, lasciando la strada aperta a una continua, ma anche alla fantasia dei lettori.
Per chi è amante delle attuali storie horror- urban- sentimentali la storia potrebbe non piacere; ma per chi ha amato il Dracula potrà in parte ritrovare l'atmosfera e i personaggi in quella che è una buona continua degli eventi la dove si erano conclusi.


martedì 21 giugno 2011

150 anni d'Italia – Unità d'Italia

Nel marzo del 2011 l'Italia ha compiuto 150 anni, un'età ragguardevole, alla quale si è giunti attraverso un lavoro lungo e costellato di spargimenti di sangue.
L'unione dell'Italia come tutti sanno ebbe luogo nel 1861 a marzo, ma i fermenti che portarono a quell'episodio nacquero anni prima, in tempi di gravi disagi per le classi già disagiate e dalla voglia di cambiamenti che queste persone avevano per poter vivere meglio.

L'inizio di tutto avvenne nel Risorgimento con i vari moti del periodo.
Vediamo una sintesi di questi tumultuosi anni.

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Alla fine del 1700 l'Italia fu conquistata da Napoleone, in periodi successivi che coprirono il lasso temporale dal 1796 al 1809.

Nel 1796 Napoleone inizia la sua campagna d'Italia partendo proprio dal Piemonte il cui sovrano venne costretto all'armistizio nel giro di due settimane; successivamente entrò in Milano e poi in Veneto. Nel 1797 con la firma del Trattato di Campoformio la Repubblica Veneziana venne annessa allo stato austriaco.
Nel 1802 venne proclamata la Repubblica Italiana con Napoleone come presidente. Questa prima repubblica ebbe vita breve in quanto con la nomina di Napoleone a Imperatore dei francesi, automaticamente divenne anche Re d'Italia e la Repubblica divenne Regno d'Italia.
Napoleone fece pesare la sua potenza sulle pretese austriache, il cui imperatore era anche imperatore dei romani, sconfiggendolo nel 1805 e ponendo fine al Sacro Romano Impero.

Il Regno d'Italia appena nato subì vari ampliamenti con nel 1808 annessione della Toscana e delle Marche e nel 1809 occupazione di Roma e cacciata del pontefice.

Nel giro di pochi anni però l'opera di Napoleone crollò, in seguito alla fallimentare campagna di Russia infatti il suo prestigio e la sua potenza si incrinarono e la coalizione degli stati europei riuscì a sconfiggerlo costringendolo ad abdicare nel 1814 e ad andare in esilio all'isola d'Elba. Da qui riuscì a tornare ripristinando il suo regno per cento giorni, ma troppo debole venne ulteriormente sconfitto e nel 1815 venne esiliato in maniera definitiva all'isola di Sant'Elena dove morì.

Da questo fatto ebbe inizio il periodo della Restaurazione con il Congresso di Vienna. I vari stati italiani vennero ripristinati con il ritorno sui singoli troni dei sovrani cacciati da Napoleone, solo se questo non urtava gli interessi delle potenze europee, in particolare dell'Austria. .

Nel Regno di Sardegna vennero rimessi sul trono i Savoia, ai quali è legata l'unificazione dell'Italia.
La storia di questi sovrani ebbe inizio nel 1032 con Umberto Biancamano che divenne signore della Savoia, della Moriana e d'Aosta. Da lui ebbe inizio una dinastia che con mosse astute riuscì a ingrandire i propri possedimenti e a conquistare titoli su titoli, passando da conti a duchi e poi a re.
Quando erano in Francia riuscirono a domare le mire espansionistiche della Francia stessa, e proprio per meglio difendersi si spostarono in Piemonte a Torino, diventando parte inscindibile della storia d'Italia

Il Regno Lombardo Veneto andò agli austriaci.

Il Ducato di Parma e Piacenza andò come vitalizio alla moglie di Napoleone e alla sua morte sarebbe tornato ai Borboni.

Il Ducato di Modena andò agli Asburgo-Este.

Il Granducato di Toscana andò agli Asburgo-Lorena

Lo Stato Pontificio perdeva Avignone ma conservava tutto il resto.

Il Regno delle Due Sicilie andò ai Borboni.

La Repubblica di San Marino conservava la sua libertà.

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Questo stato di cose però non piaceva alla borghesia che vedeva danneggiati i propri interessi economici poiché ritornavano anche le dogane e questo fermava i commerci interni da un territorio all'altro.
Iniziò così a fermentare il malcontento tra la popolazione che sfociò nei moti rivoluzionari che abbracciarono il periodo che va dal 1820 al 1848, con la nascita di società segrete a sfondo liberale democratico, la più famosa delle quali fu la Carboneria, con alti e bassi e molti spargimenti di sangue tra i rivoluzionari.

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Sulla scia dei moti rivoluzionari della Spagna che riuscirono a ottenere la concessione della Costituzione anche in Italia ci furono delle insurrezioni, che fallirono poiché non riuscirono a ottenere l'appoggio della popolazione.

Nel 1820 nel napoletano il re Ferdinando I si vide costretto a concedere la Costituzione, ma poi richiese l'intervento dell'Austria e nel 1821 la costituzione venne abolita e i rivoluzionari condannati a morte.

A Palermo i carbonari tramavano in segreto, ma la lungaggine delle assemblee per decidere il da farsi e l'insospettirsi della polizia, che obbligò un rivoluzionario al doppio gioco, portarono alla sconfitta della rivoluzione ancora prima che insorgesse e alla condanna dei rivoluzionari, con la raccapricciante esposizione delle loro teste per decenni a monito per altri rivoluzionari.

In Piemonte l'esercito dei rivoluzionari guidato da Santorre di Santarosa entrò in Torino costringendo il sovrano ad abdicare e, in assenza dell'erede, Carlo Alberto, in parte liberale e in parte debole e facilmente plasmabile, concesse la Costituzione. Ma Carlo Felice abolì la concessione e richiamò Carlo Alberto che ubbidendo a Carlo Felice affrontò i rivoluzionari e li sconfisse, tradendo così la simpatia che aveva dimostrato nei loro confronti.

Anche a Milano i moti rivoluzionari fallirono e gli insorti furono arrestati e condannati.

Questi primi moti si conclusero nel 1823 quando le truppe della Santa Alleanza guidate da Carlo Alberto entrarono in Spagna e ripristinarono la monarchia e mettendo sul trono Ferdinando VII Quest'ultimo , forte dell'appoggio straniero, represse ferocemente la rivoluzione.

Tra gli arrestati illustri di questo periodo abbiamo Silvio Pellico, di cui famoso è il libro “Le mie prigioni”
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Nonostante questo primo insuccesso delle rivoluzioni la Carboneria non si sciolse, ma continuò a lavorare in segreto fino a ritentare la sua opera rivoluzionaria nel 1830 con ulteriori insurrezioni.
Il là di questo nuovo periodo fu dato da una insurrezione nata in Francia, dovuta al tentativo del re Carlo X di ripristinare l'assolutismo. La borghesia non era d'accordo e si oppose e dietro di lei si mise anche la nascente classe del proletariato. In questo clima il re fece diversi errori, tra cui sciogliere la Camera considerata troppo liberale e limitando la libertà di stampa.
Il popolo oppresso reagì con violenza e in tre giorni costrinse il sovrano ad abbandonare il trono e il Parlamento dichiarava decaduta la dinastia borbonica, affidando il territorio a Luigi Filippo d'Orleans. Questi abilmente si fece proclamare re, concedendo comunque più diritti alla popolazione.
Inoltre egli stabilì i principio del non intervento, cioè ogni nazione era libera di decidere da sé cosa fare.

Questo creò molta effervescenza nel resto dell'Europa e anche l'Italia non fu esente da questa nuova influenza liberale e i moti nascosti ripresero a vivere e ad agire.
La prima cosa che i rivoluzionari volevano creare in Italia era l'abolizione delle dogane che fermavano i commerci e danneggiavano gli interessi economici della borghesia. Quindi Ciro Menotti, promotore di questi nuovi moti, mirava a un liberismo economico e a un liberismo politico. La rivolta partì da Modena, dapprima appoggiata dal duca Francesco IV, ma poi fatta fallire dallo stesso duca che timoroso della reazione austriaca denunciò Menotti e lo fece arrestare e impiccare.
Piccoli successi di questo periodo si ebbero nei ducati di Parma e Toscana e nello Stato Pontificio, ma la durata fu breve, in quanto gli austriaci riuscirono a ripristinare lo status quo.

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Figura di spicco nel 1830 fu Mazzini [1], che entrò a far parte della Carboneria. I suoi ideali puntavano a costituire un'Italia libera, indipendente e repubblicana, governata da uno Stato centralizzato in qualità di rappresentante dell'unità d'Italia. Tutto questo doveva essere raggiunto attraverso un'insurrezione popolare.
Arrestato in seguito a una denuncia, fu poi prosciolto per insufficienza di prove, ma fu posto davanti alla scelta dell'esilio o del confino in una cittadina piemontese. Per continuare la sua attività scelse l'esilio e andò a Marsiglia. Qui fondo la Giovane Italia, un'organizzazione che incitava la gente a insorgere, ma la portata dei suoi ideali fu tale che superò i confini italiani e divenne di respiro europeo e così fondò la Giovane Europa.

Un primo tentativo insurrezionale Mazzini lo attuò nel 1833 in Piemonte, ma il metodo aperto e temerario della Giovane Italia permise a Carlo Alberto di venire a conoscenza del fatto prima che fosse attuato e la repressione fu molto dura, in quanto riguardava l'esercito che era al servizio assoluto del re.
L'attività non si interruppe e nel 1834 l'azione insurrezionale partì dalla Svizzera, dove alcuni italiani si dovevano infiltrare nelle fila sabaude innescando la ribellione. Il segnale della rivolta sarebbe stato dato da Garibaldi [2], affiliato della Giovane Italia. Anche questo tentativo fallì e Garibaldi fu costretto alla fuga in America del Sud. Su di lui venne emessa una condanna a morte.

Per questi suoi atti Mazzini fu costretto a rifugiarsi in Inghilterra, da dove continuò lo stesso a far sentire i suoi ideali per cambiare i governi italiani. I focolai rivoluzionari nell'Italia meridionale non cessarono e anche stavolta il tentativo insurrezionale a opera dei fratelli Bandiera fallì poiché il governo inglese apriva la posta di Mazzini. Siamo nell'anno 1844.

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In seguito ai ripetuti tentativi rivoluzionari falliti di Mazzini, nasce un nuovo movimento, un movimento moderato che non puntava alle insurrezioni e agli spargimenti di sangue. Portavoce di questo movimento fu il Gioberti, cappellano alla corte di Carlo Alberto, poi implicato in un tentativo mazziniano e quindi esiliato.
Le basi di questo movimento, denominato neoguelfismo, soddisfacevano i benpensanti: nessuna rottura con il presente, conservazione delle dinastie, assente ogni tipo di appello all'insurrezione popolare, iniziativa dei principi e pieno rispetto dell'ordine costituito, completo accordo col papato, anzi la rinascita dell'Italia sarebbe dovuta essere guidata proprio dal papato secondo Gioberti.
Il caso del Lombardo – Veneto ancora sotto gli austriaci non lo affrontò. Invece secondo Balbo il comando doveva essere affidato ai vari principi che con peso di una minaccia armata avrebbe dovuto respingere l'Austria e unire l'Italia.
Comunque in questi anni si inizia a parlare di penisola e dei suoi problemi e non dei singoli regni separati. Un primo passo verso l'unione era stato fatto.

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Inizia un biennio, 1846 – 1848, di riforme in cui nei vari territori vennero fatte concessioni liberali. Il primo stato a concederle fu lo Stato Pontificio nel 1846, dove Pio IX concesse l'amnistia ai detenuti politici che però dovevano sottoscrivere, per goderne, un atto di pentimento, diede vita a una Consulta di Stato in qualità di organo giudiziario e amministrativo e acconsentì alla creazione della Guardia civica.
Sulla scia di queste prime riforme anche il Granduca di Toscana dovette cedere alle pressioni e concedere più libertà di stampa, acconsentire alla costituzione della Consulta di Stato e della Guardia civica.
L'Austria allarmata per questi fermenti si muove verso lo stato pontificio, nel 1847, e Carlo Alberto entra sulla scena , ma dietro il suo intervento si nascondono solo le sue mire espansionistiche, capite perfettamente da tutti gli altri sovrani che non vedono la cosa di buon occhio.
Inoltre il sovrano sabaudo non aveva ancora concesso nulla e i liberali dell'epoca videro nubi scure posarsi sul Piemonte a causa di questa politica assolutistica.
I molti fermenti costrinsero Carlo Alberto a qualche piccola concessione: una maggiore libertà di stampa e una riduzione dei poteri illimitati della polizia.
Nel 1847 si firmò la lega doganale tra Piemonte, Toscana e Stato Pontificio.

Alla luce di queste piccole concessioni in alcuni stati italiani, negli altri dove i sovrani si erano barricati nel più assoluto ostruzionismo ci furono diverse insurrezioni che vennero represse duramente con scontri tra i cittadini e le forze dell'ordine.
A Roma il malumore era rivolto verso i Gesuiti troppo fermi nel non voler concedere nulla e che tentavano di frenare il papa dal concedere altro. In Piemonte la tirchieria di Carlo Alberto nell'accettare di fare qualche piccola concessione liberale scatenò diverse proteste che culminarono nella manifestazione di Genova nel 1847, dove per la prima volta echeggiarono le note dell'inno di Mameli [3], che fu repressa da un'azione di forza del sovrano. La stessa cosa accadde in Toscana dove il capo dell'insurrezione fu mandato al confino.

Sempre nel 1848 a Palermo esplode una rivolta armata che porta la sconfitta dell'esercito e all'adozione della costituzione. Sulla scia di questo fatto anche nel regno borbonico gli insorti riuscirono a mettere alle strette il re che dovette concedere la costituzione.

Questo gesto mise alle strette i sovrani di Toscana, Piemonte e Stato Pontificio che si ritrovarono a dover concedere anche loro la costituzione. Fu in questo periodo che nacque lo Statuto Albertino [4].

Anche nel Regno delle due Sicilie e nel Lombardo – Veneto le insurrezioni furono represse con violenza.

A Milano agli inizi del 1848 si ebbero le “5 giornate di Milano”, conclusione di un episodio precedente di ribellione pacifica contro l'instaurazione da parte austriaca di una tassa sul tabacco in seguito alla quale la popolazione smise di fumare. La risposta asburgica non si fece attendere e ci furono violenti tafferugli con alcuni morti e molti feriti. Ma la vittoria fu della popolazione milanese.
Approfittando di questo episodio, Carlo Alberto decise di intervenire e dichiarare guerra all'Austria, dando il via alla I Guerra d'indipendenza. Questo gesto ottenne l'inoltro di molte truppe dai vari regni e perfino l'appoggio dei volontari di Garibaldi, tornato dall'esilio. Ma il sovrano sabaudo non seppe sfruttare le forze a sua disposizione. Infatti temendo una vittoria schiacciante dei democratici popolari e quindi la formazione di una repubblica sul modello francese, fece degli errori di strategia non riuscendo a sfruttare il vantaggio della prima sconfitta dell'esercito austriaco, permettendogli di rifugiarsi in una fortezza e di avere rinforzi. Alla luce della nuova situazione le sorti si ribaltarono e Carlo Alberto si trovò costretto a firmare un armistizio con Radetzky.
Fu tacciato come traditore dalla popolazione.
In seguito a questo fatto il sovrano sabaudo fu costretto ad abdicare. Il figlio Vittorio Emanuele II mantenne valide tutte le concessioni fatte dal padre, perfino lo Statuto Albertino. Gli austriaci non furono troppo duri con giovane sovrano.

Alcune resistenze popolari si hanno ancora in alcuni stati, dove i sovrani erano fuggiti in seguito ai fermenti rivoluzionari. Fu in questo periodo che nacque la Repubblica Romana difesa da Garibaldi.
L'intervento francese fu decisivo per la caduta della neo nata Repubblica Romana. Infatti Luigi Napoleone Bonaparte, operando in malafede, intavolò delle trattative con Mazzini eludendo così la resistenza democratica, poi con l'appoggio della maggioranza conservatrice attaccò la repubblica sconfiggendola nel 1849.

Contro Venezia invece intervennero gli austriaci che con un blocco navale impedirono gli approvvigionamenti alla città, prendendola per fame. Solo dopo quattro mesi di lotta il governo si arrese e scese a patti, ottenendo in rispetto del loro coraggio condizioni non troppo sfavorevoli.

Ebbe così fine la I Guerra d'Indipendenza.

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In questo periodo post fallimentare dei moti degli anni quaranta, riprendono vigore i moti mazziniani con una serie di insurrezioni tutte fallite per la mala organizzazione delle stesse, ma la situazione fece si che l'Austria si muovesse duramente contro tutti i territori dove vi erano stati dei moti, reprimendo con il sangue tutte le insurrezioni e imponendo il ritorno ai regimi assolutistici, con la sua supervisione. Tutte le concessioni liberali vengono ritirate.

L'unico stato che non si adeguò fu il Regno di Sardegna, dove Vittorio Emanuele mantenne la costituzione concessa da Carlo Alberto, consapevole che questa mossa gli avrebbe procurato le simpatie di tutti i liberali e antiaustriaci della penisola. L'allora governo guidato da Massimo D'Azeglio promulgò delle leggi per limitare i privilegi del clero in Piemonte, pur mantenendo una posizione conservatrice su tutto il resto, perfino sull'interpretazione dello Statuto Albertino. A favore di queste leggi parlò il ministro Camillo Benso conte di Cavour [5], appena entrato a far parte della scena politica in qualità di ministro del commercio, dell'agricoltura, delle finanze e della marina. Personaggio carismatico e di larghe vedute riesce a spiccare su tutti gli altri e nel 1852, grazie ad abili alleanze strette all'interno del Consiglio, diventa primo ministro, affiancando il re nel governo del regno, e quindi presidente del Consiglio al posto di D'Azeglio che si dovette dimettere.
Inizia ufficialmente un periodo di grandi riforme per il Regno di Sardegna e per l'Italia in generale.

Cavour era ben cosciente che per raggiungere i suoi scopi aveva bisogno di alleanze con le altre potenze europee, fece le mosse opportune per ottenerle.
Affiancò la Francia di Napoleone III nella guerra di Crimea, sperando in un intervento dell'Austria a favore dello Zar di Russia e quindi in una guerra antiaustriaca. L'Austria però non intervenne mantenendosi neutrale. Abilmente Cavour fece dello smacco una piccola vittoria al Congresso di Parigi, dove alle grandi potenze europee fece notare i problemi italiani. L'Austria fu messa sotto accusa dal congresso per i suoi atteggiamenti assolutistici e repressivi.
Con questa mossa era riuscito a far entrare il Piemonte nel complesso gioco politico e diplomatico delle grandi potenze europee. Inoltre accettò un'alleanza con Francia e Inghilterra.

A livello interno Cavour istituisce la Società Nazionale, appoggiando di fatto i movimenti liberali di Mazzini, ma ponendo alla guida dell'unificazione i Savoia. La presidenza di tale società fu affidata a Manin e Garibaldi.
Con questa mossa impose sul panorama liberale della penisola come stato guida nel 1857.

Nel 1858, con il Convegno di Plombières, strinse un'alleanza segreta con Napoleone III per avere un valido appoggio contro l'Austria, ma la clausola imposta dal sovrano francese era che l'appoggio ci sarebbe stato solo se l'Austria avesse attaccato per prima. In base agli accordi al Piemonte sarebbero stati annessi il Lombardo – Veneto e l'Emilia e nel resto dell'Italia sarebbero stati creati due regni governati da principi francesi, unica eccezione il Lazio che rimaneva al pontefice. Per l'aiuto concesso la Francia avrebbe avuto in cambio la Savoia e Nizza.

Nel 1859 in seguito ad atteggiamenti provocatori nei confronti dell'Austria, quest'ultima inviò le sue truppe sul suolo piemontese. La Francia intervenne come da accordi. Da una parte l'esercito sabaudo, dall'altra quello francese e infine i Cacciatori delle Alpi guidati da Garibaldi, l'esercito austriaco perse su tutta la linea. Molti territori sotto il dominio austriaco si ribellarono e si unirono al Piemonte.
Napoleone III capì la piega che stava prendendo la situazione, cioè l'unificazione dell'intera penisola, e di nascosto trattò con l'imperatore d'Austria, ottenendo la cessione della Lombardia, meno Mantova e Peschiera.
Vittorio Emanuele dovette accettare il fatto compiuto, ma Cavour diede le dimissioni indignato. Napoleone III si screditò con questo gesto.

Finisce così la Seconda Guerra d'Indipendenza, aprile 1859 – luglio 1859.

Successivamente grazie al favore inglese a una unificazione del territorio italiano, che avrebbe annullato l'influenza francese sulla penisola, nel 1860 Cavour torna come primo ministro. Si accordò con Napoleone per annettere al Piemonte l'Emilia – Romagna e la Toscana, dandogli in cambio Nizza e la Savoia, a cui il sovrano francese aveva rinunciato con il trattato con gli austriaci

Il Regno di Sardegna comprendeva così: Piemonte, Valle d'Aosta, Sardegna, Lombardia, Emilia – Romagna, Liguria e Toscana. Rimanevano ancora in mano allo Stato Pontificio Umbria, Marche , Lazio e il sud Italia. Questo costò la scomunica papale al Re Vittorio Emanuele II, a Cavour e a tutti membri del governo e del parlamento

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Nel 1860 Cavour intravedeva la possibilità dell'unificazione dell'Italia, seppur con difficoltà dovute alla Francia, che non avrebbe accettato un attacco contro lo Stato Pontificio, e all'Austria, pronta ad approfittare di ogni più piccolo passo falso per reinserirsi nel gioco politico italiano.
Con la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia la politica sabauda ne era uscita screditata e questo era il problema più grave. Quindi l'unico modo per poter attuare l'unificazione era attraverso il partito d'azione, che godeva di enorme popolarità riflessa da Garibaldi e poteva agire fuori dalla politica.

L'avvio alla rivoluzione fu dato dalle insurrezioni contadine del 1860 in Sicilia. Garibaldi intervenne con i suoi Mille (già vestiti della famosa camicia rossa) volontari, composti dal fior fiore della gioventù mazziniana e quindi fortemente credenti negli ideali di unione della penisola. Vittorio Emanuele II era disposto ad aiutare i volontari contro il parere di Cavour, che doveva valutare attentamente ogni sua mossa ufficiale per non compromettere i giochi politici internazionali.
La spedizione garibaldina raggiunse la Sicilia via mare sbarcando a Marsala. Qui l'eroe dei due mondi proclamò la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II e continuò a marciare verso l'interno insieme ai suoi mille e ai picciotti, popolani che speravano in un cambiamento in meglio delle loro condizioni di vita promesse da Garibaldi. Ma ben presto si resero conto che le promesse di Garibaldi non erano concrete in quanto per il successo della spedizione tendeva a creare alleanze con i proprietari terrieri, disposti ad assumere atteggiamenti liberali e favorevoli a Casa Savoia pur di mantenere i loro privilegi. Proprio in seguito a tali alleanze i garibaldini repressero duramente i moti rurali anche quando i contadini richiedevano che Garibaldi mantenesse le promesse che aveva fatto loro.

La marcia di conquista intanto continuava e i tentativi di Francesco II di fermare Garibaldi fallirono tutti, tanto che fu costretto a rifugiarsi a Gaeta, protetto solo da una parte del suo esercito.

Garibaldi giunge a Napoli e qui viene raggiunto da Mazzini che preme perchè venga creata un'Assemblea Costituente per dare un nuovo assetto politico all'Italia, ben sapendo che la sua speranza era inutile e che i Savoia avevano ormai vinto.
L'Italia meridionale era libera.

Garibaldi compiuto il suo lavoro nel sud, decise di continuare a salire per raggiungere Roma e annetterla all'Italia. Questo preoccupò molto Cavour per via dell'intervento francese e decise di prevenire l'imperatore Napoleone, che alla prospettiva della creazione di una repubblica sollecitò Cavour a far intervenire l'esercito piemontese. Così fu e nel 1860 a Teano vi fu l'incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi. Le truppe garibaldine non furono annesse all'esercito piemontese come era stato richiesto, e come ultima umiliazione no furono neanche passate in rivista dal sovrano. Garibaldi deluso si ritirò a Caprera.
Con un plebiscito l'ex regno borbonico, l'Umbria e le Marche venivano annesse al Piemonte.

Il 17 marzo 1861 venne dichiarata dal Parlamento italiano riunito a Torino l'Unità d'Italia e Vittorio Emanuele Ii venne incoronato primo re d'Italia.

Rimanevano ancora fuori dall'unità il Lazio e le Venezie.

Il nuovo regno non nasceva certo privo di problemi, anzi ne aveva moltissimi dovuti a differenze istituzionali tra i vari territori ora diventati uno solo. Il problema fu largamente capito da Cavour, che però non ebbe il tempo di iniziare a impostare una soluzione poiché nel giugno del 1861, a pochi mesi dall'Unità d'Italia, morì. I suoi successori si preoccuparono solo di estendere a tutta la penisola gli ordinamenti piemontesi, imponendo il servizio militare obbligatorio e un tipo di pressione fiscale che al posto di colpire la classe agiata colpiva la povera gente (come oggi, purtroppo!). Insomma un tipo di governo sordo ai problemi del suo popolo (molto simile a quello odierno!).
A livello interno continuavano a permanere problemi di analfabetismo, scarsa industrializzazione, mancata protezione della classe lavoratrice (quasi tutta agricola), centri urbanizzati che dipendevano dalle campagne per il sostentamento senza però fornire prodotti industriali , scarsità di materie prime, scarsità di linee ferroviarie. Tutto questo contribuiva a ritardare la creazione di un mercato nazionale unitario. E a ritardare la soluzione di questi problemi era l'allora classe politica, rigidamente centralizzata, composta da una destra conservatrice e una sinistra che faceva richieste molto blande, in tal modo il problema sociale rimase senza soluzione.

Dopo la morte di Cavour il suo successore organizzò il governo in provincie amministrate da prefetti, suddivise in comuni amministrati da consigli comunali elettivi presieduti da sindaci di nomina regia, il tutto per centralizzare il potere in mano al re.
Altro passo falso fu l'estensione dello Statuto Albertino a tutta l'Italia, sostituendolo anche a quelle costituzioni più progredite, al posto di rielaborare una costituzione più adatta a un territorio tanto vasto e con vari problemi diversi.

La leva obbligatoria, la pressione fiscale elevata, l'assenza dello stato nei confronti dei più deboli fecero crescere il già esistente fenomeno del brigantaggio nel mezzogiorno nel periodo tra il 1861 e il 1865. Si arrivò a vere e proprie guerriglie tra le bande e i cosiddetti galantuomini che avevano monopolizzato il potere.
I briganti trovarono un appoggio nei Borboni che vedevano in questo un modo per ritornare al potere e riconquistare i loro territori. Il governo reagì duramente a questo fenomeno mettendo in moto una potenza militare enorme che agì in modo efferato.

Parallelamente agli eventi del Mezzogiorno anche nel nord le cose non andavano meglio. Morto Cavour i ministri che gli succedettero non riuscirono a essere alla sua altezza e non durarono. Nel periodo tra il 1861 e il 1862 Garibaldi, ufficialmente osteggiato da Vittorio Emanuele II, tentò una marcia su Roma per conquistarla ma venne fermato dal governo piemontese per ordine di Napoleone III. Nel frattempo lo stesso governo decise di spostare la capitale da Torino a Firenze, il primo passo che avrebbe poi portato la capitale a Roma. Questo fatto provocò una grave crisi a Torino, dove tutta l'economia ruotava attorno al governo. Scoppiarono gravi incidenti che provocarono morti e feriti, ma questo non fece desistere il re a spostare la capitale e nel 1865 a opera del governo Lamarmora Firenze divenne capitale. A Torino alcuni deputati piemontesi crearono la Permanente opponendosi così al governo.

Nel 1864 un problema estero iniziava a raggiungere la sua soluzione: Roma e lo Stato Pontificio , nella persona del Papa Pio IX, stavano compiendo da soli quei passi che avrebbero permesso all'Italia di annetterli nel 1870. Infatti l'intransigenza del papa, che aveva abbandonato ogni idea liberale, lo portò a emanare il Sillabo (che rimase entro i limiti dello Stato Pontificio) nel quale erano raccolte tutte le sue lettere a conferma del suo disaccordo con il nuovo governo, con la libertà di stampa e con il principio democratico e liberale della sovranità popolare.
Questa presa di posizione valse al papa l'abbandono da parte dei suoi alleati e quindi la mancanza di difese, dovuta anche alla caduta di Napoleone III, quando nel 1870 con un ulteriore marcia su Roma da parte delle truppe italiane essa venne annessa al Regno d'Italia: 20 settembre 1870 – Breccia di Porta Pia. Il 2 ottobre 1870 con un plebiscito Roma venne annessa definitivamente al Regno d'Italia.
Nel 1871 Roma diventa capitale del Regno d'Italia, così come era stato pianificato quando l'operazione di unificazione fu avviata.
In quegli anni scoppiò anche una violenta ondata anticlericale in tutta Europa.

Per completare l'unione dell'Italia, quindi annettere al regno anche i territori mancanti, nel 1865 il governo italiano inizia trattative segrete con l'Austria. Quest'ultima sperando di allontanare l'Italia dall'imminente guerra con la Prussia accetta di cederle il Veneto, ma Lamarmora non accetta e porta il paese in guerra (1866). Dopo vari scontri e una decisiva vittoria prussiana, Prussia e Austria giunsero a un armistizio che costrinse anche l'Italia ad accettare lo stato dei fatti. Il governo austriaco cedeva alla Francia di Napoleone III il Veneto e parte del Friuli Venezia Giulia e questi a sua volta li cedette all'Italia.

STATUTO ALBERTINO

Sulla scia delle concessioni costituzionali fatte in alcuni territori italiani, anche nel Regno di Sardegna Carlo Alberto si trovò obbligato a concedere una costituzione, che in realtà non era tale.


Lo statuto si può definire più come un insieme di leggi che si limitano a enunciare i diritti e a individuare la forma di governo. Esso voleva definire negli intenti del re una monarchia costituzionale, ma alla resa dei conti si rivelò essere molto flessibile e adattabile ai tempi e alle situazioni, così nel tempo furono fatte diverse modifiche alle leggi in esso contenute, all'inizio costituite da modifiche interpretative delle stesse, per vere modifiche agli articoli bisognerà aspettare il periodo fascista, periodo durante il quale lo statuto venne messo poco a poco da parte attraverso leggi ordinarie a esso contrarie.


La flessibilità dello statuto da difetto si dimostrò essere un bene.


Tra i principali diritti riconosciuti dallo statuto abbiamo:

  • principio dell'eguaglianza in base al quale tutti godono degli stessi diritti civili e politici salvo le eccezioni determinate dalla legge

  • libertà individuale

  • l'inviolabilità del domicilio

  • libertà di stampa

  • libertà di riunione


Tutte concessioni limitate dal principio di legalità, dove sono contenute le riserve di legge in merito a quanto sopra enunciato.

Principio inviolabile e di base per lo statuto era il diritto alla proprietà.


L'unica religione riconosciuta era quella cattolica, gli altri credi erano tollerati, ma ben presto questi ottennero l'emancipazione e con una legge si affermava che la differenza di culto non formava eccezione per il godimento dei diritti civili e politici e l'ammissibilità a cariche civili e militari.


Sempre in base allo statuto il re restava il capo supremo dello stato e la sua persona era inviolabile, ma non al di sopra delle leggi alle quali egli stesso doveva giurare fedeltà, l'inviolabilità si concretizzava nel fatto che il re non poteva essere reso oggetto di sanzioni penali.

Il re esercitava inoltre il potere esecutivo attraverso i ministri e convocava e scioglieva le camere.

Il sovrano si trasformava da sovrano assoluto a principe costituzionale con poteri limitati dalla costituzione, ma dove il re decideva sul governo e il parlamento si limitava a fare le leggi.

Nel 1852 con l'avvento di Cavour si passò a un sistema di governo di tipo parlamentare, dove il re era un semplice rappresentante dello stato e non comandava più il potere esecutivo. Il governo quindi non dipendeva più dalla fiducia del re ma da quella del Parlamento.


Nel 1861, con la nascita del Regno d'Italia, lo statuto venne applicato in tutto il regno. La natura flessibile dello stesso garantì, sino agli anni venti, un'evoluzione parlamentare del sistema politico senza rendere necessarie modifiche effettive al testo originale.


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Mazzini

Nasce a Genova il 22 giugno 1805 e muore a Pisa il 10 marzo 1872.

Non riuscì a seguire le orme paterne e diventare medico, quindi si iscrisse alla facoltà di legge.

Fin da ragazzo il suo spirito ribelle si fece notare, e quando incontrò dei reduci dei movimenti rivoluzionari capì quale fosse la sua strada e si iscrisse alla Carboneria.


Diventa un fervente rivoluzionario e questo fa si che venga arrestato, ma la mancanza di prove concrete permette la sua scarcerazione, ma gli viene posta la scelta dell'esilio o del confino in una cittadina piemontese. Scelse l'esilio e da Marsiglia continuò la sua attività fondando la Giovane Italia, partito sulla scia della Carboneria, ma non segreto per la popolazione e privo delle sue complicazioni per entrarvi a far parte. Le sue idee liberali però non si limitavano alla sola Italia e presto fondò anche la Giovane Europa e il suo pensiero si diffuse anche in tutta Europa.

Il programma della società è: unità, indipendenza, libertà e repubblica dove vi doveva essere comunque una forte fede religiosa di fondo perchè il suo credo si può riassumere con la frase “Dio e popolo”.

Il fermento che crea da fastidio agli austriaci che impongono alla Francia di fare qualcosa, così è costretto ad andarsene da Marsiglia, ma dopo un primo allontanamento rientra e con un abile bluff gioca il governo che gli impone di andarsene una seconda volta.


Malgrado questa nuova politica i moti insurrezionali perseguiti da Mazzini non ebbero mai successo perché il popolo comunque non era pronto ad appoggiarlo. Egli non si arrese mai e continuò a diffondere i suoi ideali di unità.

Nel 1833 fece un tentativo in Piemonte ma Carlo Alberto lo represse duramente.

Nel 1834 ritentò e stavolta al comando dei rivoluzionari vi era Garibaldi, ma anche questo tentativo fallì bloccato ancora prima di insorgere e Garibaldi arrivato al luogo dell'appuntamento non trovò nessuno e per non essere arrestato fu costretto alla fuga in America del Sud.

Ulteriore insurrezione fu quella dei Fratelli Bandiera che avrebbero dovuto appoggiare un'insurrezione a Cosenza, ma quando arrivarono era stato tutto bloccato. Non si lasciarono intimorire e decisero di andare avanti lo stesso. Furono arrestati e condannati a morte.


Riuscì a rientrare per un breve periodo nel 1848 e prendere le redini della Repubblica Romana, ma nel 1849 dovette riprendere la via dell'esilio poiché i francesi e gli austriaci sconfissero la repubblica.

Il suo amor di patria non cessò mai e continuò sempre la sua opera riformista. L'ultimo appoggio morale lo diede alla spedizione dei Mille di Garibaldi, non potendo fare altro a causa delle persecuzioni della polizia sabauda e delle sue condizioni di salute.


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Mameli e Inno di Mameli (Fratelli d'Italia)

Nato a Genova il 05 settembre 1827 e morto a Roma il 06 luglio 1849.

Fu poeta, scrittore e patriota.


Goffredo Mameli fu autore, all'età di quasi 20 anni, delle parole del Canto degli Italiani (1847), più noto in seguito come Inno di Mameli, adottato un secolo dopo come inno nazionale provvisorio della Repubblica Italiana nel 1946, musicato da Michele Novaro.

Come scrittore dimostrò il suo talento letterario componendo versi d'ispirazione romantica, intitolati Il giovane crociato, L'ultimo canto, Le vergine e l'amante.


Fervente patriota partecipò ad alcune insurrezioni e gesta memorabili:

  • esposizione del tricolore per festeggiare la cacciata degli austriaci nel 1847

  • 1848 spedizione in aiuto a Milano

  • entrò a far parte dell'esercito di Garibaldi (per il quale scrisse un inno militare musicato da Verdi)

  • 1849 partecipò alla creazione della Repubblica Romana e qui venne ferito non gravemente ma la cancrena lo uccise a soli 22 anni


L'inno di Mameli, conosciuto come Fratelli d'Italia, accompagnò tutte le grandi gesta di quegli anni tumultuosi.

Divenne l'inno della Giovane Italia, accompagnò le 5 Giornate di Milano, contribuì all'emanazione dello Statuto Albertino, fu intonato dai garibaldini durante la Spedizione dei Mille e accompagnò anche la presa di Roma nel 1870, fu cantato durante la guerra libica e la Prima Guerra Mondiale, infine fu adottato anche dal fascismo privo di un suo inno ufficiale.

Con la nascita della Repubblica la Costituzione sancì l'uso del tricolore come simbolo della repubblica stessa e l'uso provvisorio dell'inno di Mameli come inno nazionale. Ancora oggi si attende l'ufficializzazione dell'inno.


Poichè dell'inno si conosce solo una parte ne riporto il testo integrale:


Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
ché schiava di Roma
Iddio la creò.
CORO:
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.


CORO
Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
CORO
Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
CORO
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.

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Garibaldi

E' nato a Nizza il 04 luglio 1807 ed è morto sull'Isola di Caprera il 02 giugno 1882.

E' stato generale, patriota e condottiero italiano e a tutt'oggi è considerato un eroe nazionale.

E' una delle figure più rilevanti del Risorgimento per le sue imprese sia in Europa che in America Meridionale.


Fin da piccolo mostra una grande passione per il mare e il suo più grande sogno era quello di diventare marinaio. Il suo primo insegnante in tal senso fu il padre.

A diciotto anni ottenne il suo primo imbarco e da allora fu un susseguirsi di imbarchi, fino al 1832 quando a 25 anni ottenne il titolo di ufficiale e il comando di una nave.


Venuto a conoscenza dei moti italiani ne abbraccia l'idea e si iscrive alla Giovane Italia dando tutto se stesso e capeggiando insurrezioni che gli costarono la condanna a morte, che scampò per un soffio riuscendo a fuggire e iniziando la vita da esule (1834).


Inizia la sua attività di eroe nel nuovo mondo.

Si unisce agli insorti della Repubblica di Rio Grande del Sud contro il governo di Rio de Janeiro.

Rimase al servizio della Repubblica Americana fino al 1841 compiendo imprese straordinarie.

Qui conobbe Anita (1839) che sposò nel 1842.

La sua impresa con la Repubblica di Rio Grande del Sud non ebbe successo e Garibaldi si riparò in Uruguay, affiancandolo nella guerra contro l'Argentina, ma anche stavolta la battaglia non ebbe successo, ma Garibaldi ne uscì con onore, conquistando l'ammirazione del nemico.


Non dimentico della sua patria Garibaldi accorre in Italia non appena viene a sapere che Carlo Alberto aveva dichiarato guerra all'Austria (1848) , ma malgrado il suo intervento e i primi piccoli successi che stava ottenendo il re fu battuto e fu costretto a chiedere l'armistizio. Dopo una piccola resistenza Garibaldi capitolò e ritornò a Nizza dalla famiglia.

La pausa dalla battaglia durò poco poiché nel 1849 fu chiamato a Roma per appoggiare la neonata Repubblica Romana, qui ottenne alcuni successi ma sempre nel 1849 la Repubblica Romana fu costretta ad arrendersi.

Per lui riprende la via dell'esilio e in questo frangente perde Anita. Dopo averla seppellita riprende la strada dell'esilio e ritorna in America, ma non resiste e riprende la strada per tornare in Patria, stabilendosi a Caprera, sua dimora preferita. In questo modo nel 1859 riesce ad arrivare in tempo quando riprendono le ostilità contro l'Austria, fondando il corpo dei Cacciatori delle Alpi. Riesce a ottenere grandi successi ma la firma del trattato tra Francia (alleata del Piemonte) e Austria lo blocca.

Nel 1860 Garibaldi affianca i siciliani insorti contro i borbonici e lo scontro si conclude a favore dei siciliani, ma l'eroe non si ferma e con i suoi volontari va oltre e tutta l'Italia meridionale viene liberata dai borbonici.

Nel 1861 viene dichiarata l'unità d'Italia ma Garibaldi non è soddisfatto, mancano ancora alcuni territori. Dovrà attendere fino al 1870 per concludere la sua opera.

Nel 1882 morì a Caprera dove viveva con la sua famiglia.


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Fonte: Conoscere.

Cavour

Anagrafica:
  • nato a Torino il 10 agosto 1810

  • morto a Torino il 06 giugno 1861

  • Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia e Ministro degli Esteri 23 marzo 1961 – 06 giugno 1861

  • Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno di Sardegna 04 novembre 1852 – 19 luglio 1859 e 21 gennaio 1860 – 23 marzo 1861

  • Ministro dell'Agricoltura e del Commercio del Regno di Sardegna 11 ottobre 1850 – 11 maggio 1852

  • Ministro delle Finanze del Regno di Sardegna 19 aprile 1851 – 11 maggio 1852


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Cavour si dedicò fin da giovane ai suoi interesse nell'industrializzazione, nel commercio e nell'agricoltura, nei quali riuscì a ottenere notevoli risultati. Per apprendere il più possibile viaggiò molto all'estero, specialmente in Francia e in Inghilterra dove si fermò per lunghi periodi per studiare a fondo i loro sviluppi economici e industriali.

Di stampo conservatore aveva però una predilezione per il progresso nei vari settori e questa sua mentalità aperta lo portò a capire che per un migliore sviluppo dell'economia bisognava attuare una politica del libero scambio.


Nei suoi possedimenti intraprese fin da subito una politica di miglioramenti nei settori delle macchine agricole, dell'allevamento, dei concimi, ottenendo dei buoni risultati con una crescita dei raccolti.

Sempre in una politica di innovazione della produzione agricola costituì la Società anonima dei molini anglo-americani di Collegno di cui divenne il maggiore azionista, e che ebbe una posizione di primo piano nell'Unità d'Italia.


Fu un grande sostenitore di interventi a favore di un ampliamento delle ferrovie che vedeva come un ottimo mezzo di sviluppo economico del paese, che provvide a finanziare proprio in quegli anni.


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In politica fa il suo ingresso nel 1847 attraverso il suo ruolo di direttore del giornale Il Risorgimento. Attraverso di esso fu sostenitore della concessione da parte del sovrano della costituzione (1848).

Nel 1848 si candida alla Camera dei Deputati e fa il suo ingresso sulla scena politica ufficiale del paese, anche se per il momento non è ancora la punta di diamante del governo. Qui dapprima appoggia l'iniziativa diplomatica nei confronti dell'Austria, assumendo una posizione moderata.

Ravvisando poi il pericolo dei fermenti insurrezionali cambiò idea e divenne a favore della ripresa delle ostilità contro l'Austria. Ma ad attendere Carlo Alberto fu la sconfitta e l'obbligo ad abdicare a favore del figlio Vittorio Emanuele II (1849).

Nel 1849 Cavour riuscì mantenere il suo incarico all'interno della Camera e si diede da fare con riforme per migliorare l'economia del paese istituendo la Banca Nazionale degli Stati Sardi; fece staccare il Piemonte dal fronte cattolico-reazionario e promulgò una serie di leggi per abolire i privilegi del clero in Piemonte.



In campo economico, con il potere concessogli come Ministro dell'agricoltura e del commercio, avvio una politica atta ad attenuare i dazi e a favorire una politica del libero scambio. Per fare ciò firmò diversi trattati con vari paesi d'Europa. Questo periodo segnò il passaggio dal protezionismo al libero scambio, determinando un ampliamento del commercio e la prospettiva di maggiori guadagni.


Come Ministro della Marina introdusse la navigazione a vapore, con l'idea di rendere il corpo svogliato dei marinai un corpo di professionisti.


Come Ministro delle Finanze si impegnò per allentare la morsa del forte debito pubblico e quindi staccare il regno dalla dipendenza dei suoi creditori. Per fare ciò, oltre ai trattati commerciali già stipulati come ministro del Commercio, impose una tassa del 4% sul reddito agli enti laici ed ecclesiastici, istituì la tassa sulle successioni e impose l'aumento di capitale alla Banca Nazionale degli Stati Sardi aumentando l'obbligo delle anticipazioni allo stato. Si attuò la collaborazione tra finanza pubblica e iniziativa privata.


Con l'aiuto inglese (1851) vennero costruite delle linee ferroviarie in Piemonte, mentre Cavour appoggiò l'istituzione di una linea di navigazione sovvenzionata tra Genova e la Sardegna. Promosse anche l'istituzione della Compagnia Transatlantica e la fondazione della futura fabbrica di locomotive a vapore Ansaldo.


Nel 1852 Cavour diventa presidente del consiglio dei ministri e si adopera per realizzare il suo piano di unificazione della penisola sotto il comando dei Savoia, attuando una serie di interventi in episodi che non interessavano l'Italia pur di riuscire a stringere alleanze necessarie per i suoi piani (Guerra di Crimea). Grazie a queste alleanze Cavour si oppose di nuovo all'Austria che scatenò la guerra. La strada stava prendendo la giusta direzione per l'unificazione, ma l'alleato francese impaurito proprio da questo firmò l'armistizio con l'Austria. Il Piemonte riuscì ad annettersi la Lombardia. Forte poi dell'appoggio inglese tratto con la Francia l'annessione dell'Emilia-Romagna e della Toscana in cambio della Savoia e di Nizza.


Nel 1860 Cavour seguì personalmente le mosse di Garibaldi e dei Mille, da lui non approvate del tutto, ma che dovette lasciare andare avanti in quanto con la cessione di Nizza e della Savoia aveva perso prestigio. Pressioni da parte di francesi e inglesi costrinsero il re sabaudo a mettersi ufficialmente contro Garibaldi inviandogli una lettera con la quale gli intimava di fermarsi. Ma di nascosto il re inviò anche un altro messaggio con il quale diceva a Garibaldi di proseguire. In questo modo la spedizione di Garibaldi risultò ufficialmente una sua iniziativa.

Su una strada un po' accidentata l'unificazione dell'Italia continuò e nel 1861 venne proclamata la nascita del Ragno d'Italia.

Cavour fu il primo Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia, dichiarando che Roma sarebbe divenuta la capitale del nuovo regno.


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sabato 18 giugno 2011

Il senso del meraviglioso


Il mio fratellino mi ha regalato questa recensione.







Il senso del meraviglioso


Autori vari, antologia a cura di Sandro Pergameno

Editrice Nord

Prezzo originale 35000 Lire










Trama

Un reame favoloso e magico nascosto sugli altopiani del Kurdistan, uno scienziato capace di inventare un intero microcosmo, un mondo custodito da leggendarie valchirie alate dove vanno a morire gli astronauti, un uomo in grado di raggiungere con la mente l'ultimo attimo di esistenza del nostro pianeta.

Cosa hanno in comune queste vicende narrate da alcuni dei maggiori scrittori di fantascienza della nostra epoca durante i primordi di questo genere, e apparse prima degli anni cinquanta sulle più celebri riviste pulp? Ma è ovvio: il sense of wonder, il senso del meraviglioso, quella qualità che è propria di tutte le più belle storie che ci fanno sognare, che riescono ad avere un impatto emotivo su di noi, oltre a costituire un irrinunciabile stimolo intellettuale; storie che riescono a farci entrare in mondi magici e a sospendere momentaneamente la nostra razionalità. Quel senso del meraviglioso che in sostanza risveglia il nostro entusiasmo, la capacità di abbandonare per qualche momento la noiosa realtà che ci circonda per avventurarci in dimensioni nuove e fantastiche dove la nostra immaginazione può vagare liberamente, non più costretta dai limiti del nostro maturo scetticismo, e guidata qui per mano da autori come Leigh Brackett, Jack Williamson, Stanley Weinbaum, Edmond Hamilton, Henry Kuttner, Alfred Bester e tanti altri che hanno rappresentato il meglio della fantascienza nei primi venti anni della sua storia ufficiale, con ventisei racconti e romanzi brevi tra i migliori della loro produzione e del tutto inediti in Italia.


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Nota

Questo libro è alquanto vecchiotto (stampato nel mese di ottobre 1989), ma credo che sia comunque possibile reperirlo in biblioteca o presso le bancarelle dell'usato.


Recensione

Ero militare quando, gironzolando tra le bancarelle di Verona, ho trovato questo libro nascosto in un angolo. Il prezzo stampato sopra corrispondeva a una settimana esatta di paga, per me, ma la trama riportata nella quarta di copertina (quella che avete letto poco sopra) mi ha colpito, spingendomi comunque all'acquisto, e non mi sono mai pentito di tale acquisto, in quanto a tutt'oggi, capita sovente che lo riprendo in mano e rileggo i vari racconti e romanzi brevi che continuano ogni volta a farmi sognare, esattamente come allora.

Le storie sono state pubblicate originariamente nei pulp americani in un periodo che spazia dal 1917 al 1949. Il curatore dell'antologia le ha selezionate sulla base del “senso del meraviglioso” che sanno infondere nel lettore, fatte tradurre (erano tutte storie inedite in Italia) e organizzate in rigoroso ordine cronologico, come spiegato nell'introduzione dell'antologia stessa.

Sono quindi disponibili per il pubblico dei lettori le seguenti opere:

  • Attraverso la Lente del Drago di Abraham Merritt

  • Colletti bianchi di David H. Keller

  • Il piccolo Nettuniano di ClareWinger Harris e Miles J. Breuer

  • Naufragio nella quarta dimensione di G. Peyton Wertenbaker

  • Il principe dei bugiardi di Louise Taylor Hansen

  • Meteora temporale di Jack Williamson

  • Omega di Amelia Reynolds Long

  • Il grande cervello di Laurence Manning

  • La radiosa illusione di Catherine L. Moore

  • Il ciclo eterno di Edmond Hamilton

  • I mondi del se... di Stanley G. Weinbaum

  • La Peri Rossa di Stanley G. Weinbaum

  • La figlia dei venti di Edmond Hamilton

  • Insieme nel tempo di Catherine L. Moore

  • L'universo di Fessenden di Edmond Hamilton

  • Il mutare delle correnti di Stanley G. Weinbaum

  • Le doppie menti di John W. Campbell Jr.

  • L'assioma violato di Alfred Bester

  • I demoni del lato oscuro di Leigh Brackett

  • Terrore dallo spazio di Leigh Brackett

  • Il pianeta nero di Henry Kuttner

  • Il sogno di Donovan di Frederik Pohl

  • Il popolo del cratere di Andre Norton

  • La giungla di Venere di Keith Bennett


Lettura interessante, forse un pochino ingenua e “antiquata”, ma indubbiamente avvincente per l'intensità e lo sviluppo delle vicende narrate. Senza dubbio riesce a instaurare quel “senso del meraviglioso” che è alla base della scelta di tali storie, ingenue e molto poco realistiche, sulla base delle successive scoperte scientifiche, ma comunque avvincenti ed emozionanti.

Adatto ai cultori della fantascienza delle origini e a chi si è in qualche modo emozionato nel leggere storie di esplorazioni spaziali.

sabato 11 giugno 2011

Il regalo di Hannah



La mia amica Savanna mi ha mandato questa recensione.

Grazie Savanna.



IL REGALO DI HANNAH

di Maria Housden




Descrizione

Hannah muore nel 1994, un anno dopo che le è stato diagnosticato il cancro, all'età di 4 anni. Durante questo periodo affronta la morte imminente senza paura ma soprattutto vive la vita che le resta con una dose irreprimibile di gioia. La bimba che voleva essere operata con le sue scarpette rosse ai piedi, cambia la vita di tutti coloro che entrano in contatto con lei. La cronaca di quest'ultimo anno fatta dalla madre è struggente, ma allo stesso tempo piena di speranza. Hanna è una bambina ma è anche saggia come un adulto, e leggendo questo libro si ha proprio la sensazione di incontrare qualcuno di speciale, qualcuno in grado di aiutarci a confrontarci con la nostra stessa mortalità. Con grande onestà e una scrittura ricca di poesia Maria Housden ci fa percepire lo spirito indomabile di sua figlia e ci offre come un regalo il suo ultimo anno di vita. Un libro che porterà conforto a tutti coloro toccati da una perdita e rinnoverà la fiducia nel potere dell'amore.

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Recensione

Devastante; man mano che leggevo le pagine di questo libro mi si stritolava lo stomaco. La figura piccola e dolce di Hannah e della mamma domina tutto il romanzo, e lo permea di primavera. Non ci sono grigi, neri, o tinte fosche, ma si vede solo il rosa e la luce che avvolge questi personaggi forti e determinati. Le emozioni che scaturiscono dal proseguire la lettura sono forti, intense e dolorose, quanto delicate e serene: da una parte la personalità di Hannah, che, nonostante la sua età dimostra una maturità fuori dal comune con le sue domande, spiazzando la razionalità degli adulti e, in questo caso, della madre. La sua allegria, il suo modo di vivere la vita estraniandosi dalla sua malattia è un monito per chi le vive vicino. Il romanzo ci fa ripercorrere il suo ultimo anno di vita, le speranze, l'attesa, la verità e infine il suo epilogo. Drammatico e devastante in tutta la sua realtà. Ma continueremo a leggere le sue pagine con la vita della madre in primo piano, la sua difficoltà ad accettare la morte della figlia nonostante l'avvicendarsi di altre sue due gravidanze, e il suo infine 'rialzarsi' dalla sua disperazione proprio con l'aiuto delle sue due piccole donnine. Capirà come la sua bambina, Hannah, l'abbia aiutata, senza rendersene pienamente conto, di quanto la vita possa essere vissuta intensamente cogliendo la pienezza della gioia e dell'amore nell'attimo che si sta vivendo.



sabato 4 giugno 2011

I Polimorfi



Il mio fratellino mi ha regalato questa recensione.






I polimorfi


Alfred E. Van Vogt

Compagnia del Fantastico Newton

Prezzo originale 1500 Lire

(edizioni millelire, volume doppio in edizione integrale)






Descrizione

Nat Cemp è un Polimorfo, un essere superiore frutto di mutazioni genetiche, che vigila sul genere umano. L'intero universo è accessibile a questi individui che possiedono tutta la conoscenza tecnologica della propria razza e del contesto nel quale vivono. Questa gigantesca saga narra la storia di Nat Cemp e dei Polimorfi i quali, nel perseguire la missione che si sono proposti, vanno a scontrarsi con coloro che amministrano le sorti della galassia.
Una nuova, avvincente storia di uno dei più famosi scrittori di fantascienza.

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Nota

Come per tutti i libri di questa edizione economica, parlare di “nuovo” è molto relativo, infatti la prima edizione della saga risale al 1969, e la pubblicazione del presente volume risale invece al 1995, ma non dovrebbe essere difficile reperirlo presso le bancarelle dell'usato.


Recensione

La saga comprende, in un unico volume, le seguenti storie del ciclo dei Polimorfi:

  • L'isola dei Polimorfi

  • L'Alieno di Kibmadine

  • Il Glis, dio dell'infinito

  • I Nijjan, creatori di universi


Nella prima parte brevissima (ambientata nel 1999, ovvero 30 anni dopo la scrittura della vicenda), si introduce la vicenda, raccontando di come, nell'isola di Haiti, a seguito di esperimenti genetici particolari, viene creato un essere superiore alla razza umana, in grado di trasformarsi, mutando la propria struttura molecolare fino a mutarsi da essere umano a essere in grado di viaggiare negli abissi marini e infine a essere in grado di viaggiare nello spazio infinito.

Tale essere riesce ad accoppiarsi con una donna umana e a dare quindi origine alla specie dei Polimorfi alla quale appartiene il protagonista della saga, Nat Cemp, le cui avventure vengono narrate nei capitoli successivi, e che risalgono a 230 anni dopo le vicende introduttive.

La Terra nel periodo indicato è popolata dagli esseri umani normali, dal Popolo Speciale (umani con particolari poteri mentali), dai Polimorfi stessi (tutti maschi, che si sposano con donne del Popolo Speciale) e dalle Varianti (esseri mutanti con caratteristiche simili ai Polimorfi, ma relegati a un livello inferiore e soggetti a leggi particolari).

I Polimorfi, e in particolare il protagonista Nat Cemp, sono esseri superiori, con diversa struttura molecolare, in grado di cambiare forma, e con incredibili poteri mentali basati sulla “logica dei livelli” tramite i quali svolgono il ruolo di guardiani dell'infinito.

Durante tali missioni, Nat Cemp si imbatte negli eventi che configurano le varie storie.

Intervenendo in una diatriba di Varianti, per giudicare sull'eliminazione di un essere con poteri tali da rischiare di diventare una futura minaccia, si imbatte in un'entità aliena pericolosissima, in grado di mutare forma e acquisire le sembianze di chiunque.

Superata la minaccia dell'Alieno di Kibmadine, Nat Cemp viene avvicinato da un sosia che si rivela essere un Polimorfo proveniente dallo spazio esterno, e scoprirà quindi che i Polimorfi non sono una creazione della scienza umana ma alieni giunti sulla Terra nel passato, scoprendo il popolo dei Polimorfi Siderali (composto anche da donne) e incontrando la minaccia di un alieno pericolosissimo, dedito a rubare pianeti abitati per la propria collezione personale.

Sventata anche la minaccia del Glis, Nat Cemp scopre una razza aliena dedita alla guerra sistematica contro i Polimorfi stessi, una razza così antica da risalire all'origine stessa dell'universo.

Con i poteri acquisiti negli scontri precedenti e con l'utilizzo della logica dei livelli, però, il protagonista riesce sempre a sventare le minacce e salvare comunque il pianeta Terra e la razza umana.

Lettura interessante, forse un pochino ingenua e “antiquata”, ma indubbiamente avvincente per l'intensità e lo sviluppo delle vicende narrate. Adatto ai cultori della fantascienza delle origini e a chi si è in qualche modo emozionato nel leggere storie di esplorazioni spaziali.